Il 4 novembre di 50 anni fa, l’Arno straripò e inondò la città di Firenze, distruggendo un patrimonio artistico inestimabile e lasciando dietro di sé, tra il capoluogo e la provincia, 35 morti, tra cui anche 4 bambini. Una catastrofe non annunciata che colse di sorpresa la città. Solo nel 1844 ci fu un’inondazione simile che allagò gran parte del centro urbano. Firenze fino a quel momento non aveva più conosciuto calamità che potessero piegarla così. La pioggia aveva cominciato a cadere da una settimana ma nessuno aveva immaginato quel che da lì a poco sarebbe accaduto. Infatti solo l’area del nordest dava preoccupazione e si stava preparando al peggio. Ma a Firenze no. Fu così che la sera del 4 novembre del 1966, l’Arno ruppe gli argini, sommergendo nel fango gran parte della città e portandosi via più di 30 vite. Subito si mossero i soccorsi, con le forze dell’ordine in prima linea a prestare soccorso alla popolazione, insieme a una moltitudine di ragazzi, che si riversò a Firenze da ogni parte del mondo, per cercare di salvare le opere d’arte che, ancora oggi, costellano il capoluogo toscano: giovani ribattezzati ‘angeli del fango’.
FORTI PIOGGE E RIALZO TERMICO. LE CAUSE. Le piogge incessanti dei giorni precedenti avevano fatto scattare il giorno prima, l’allarme nel Casentino e sul Mugello, due zone da sempre soggette alle piene dell’Arno e dei suoi affluenti. Nel mentre su Firenze si stava abbattendo un violento temporale. Nella notte tra giovedì 3 e venerdì 4 novembre il livello del fiume ha cominciato a crescere a gran velocità. L’idrometro prima di andare distrutto segnava 8,69 metri. Nel frattempo la temperatura climatica è salita rapidamente di 5 gradi: uno sbalzo che ha provocato lo scioglimento delle nevi sui rilievi montuosi che ha fatto scendere a valle ancora più acqua.
IL DRAMMA. Nel centro città fiorentino tutto era pronto per la festa delle Forze Armate del 4 novembre: il tricolore ornava le vie e gli stendardi era affissi, ma la mattina di quel venerdì, l’acqua ha cominciato a zampillare dai muretti e ad affiorare dai tombini. Alle 4 le acque hanno invaso il lungarno Benvenuto Cellini e hanno iniziato a correre lungo via dei Renai, sommergendo buona parte dell’Oltrarno storico.E’ iniziato il dramma. La situazione è andata via via peggiorando e altre area della città sono state sommerse da un fiume di detriti e fango: le persone trovavano rifugio sui tetti o nei piani alti delle abitazioni, la luce elettrica era saltata. A mezzogiorno Firenze registrava le prime vittime note, mentre i cittadini hanno cercato di salvare i detenuti del carcere delle Murate dalla ‘fine del topo’, e hanno ospitato i fuggiaschi ai piani alti delle loro case, offrendo loro del cibo. In serata sono arrivati i soccorsi più massicci, insieme all’esercito e ai vari corpi delle forze dell’ordine, si sono uniti i bagnini della Versilia e tanti giovani che hanno offerto il loro aiuto. L’alluvione del 1966 fu evento eccezionale e inaspettato per le sue proporzioni. Infatti seppure l’Arno ha spesso straripato, mai aveva raggiunto una furia simile.
SINDACO: NON DOBBIAMO VIVERE NELLA PAURA. “Non dobbiamo vivere con la paura del fiume ma con l’orgoglio di vivere in una realtà che esalta la bellezza del nostro paesaggio”, ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella a Voci del mattino su Radio1. “Per 48 anni – ha aggiunto – si è fatto poco sul tema della prevenzione e della riduzione dei rischi idrogeologici. Da due anni a questa parte, invece, c’è stata una svolta: si è provveduto a iniziare i lavori per realizzare la cassa di espansione, la prima delle quattro previste in Valdarno, che servirà appunto a contenere l’acqua in eccesso. C’è ancora molto da fare, certo, ma siamo più avanti rispetto a 50 anni fa. Adesso, ad esempio, esiste un piano per la gestione dei rischi idrogeologici, coordinato dalla Protezione Civile, che fa scattare una rete di informazione e di allerta tempestivi per la popolazione“.