Oltre ai fronti freddi e ai fronti caldi e occlusi classico, esistono pure i cosiddetti “pseudo fronti”. A differenza dei fronti classici questa variante si identifica per una discontinuità termica nella bassa troposfera, dalla cui “baroclinicità” si generano dei moti ascendenti abbastanza limitati, a quote non superiori ai 2000-2500 metri. A loro volta, questi moti ascendenti vengono sovrastati da moti discendenti, prodotti dall’avvento di avvezioni calde o di vorticità in quota. Proprio per questo motivo, differentemente dai fronti classici, gli “pseudo fronti” vengono identificati come “fronti catabatici”. Un altro aspetto distintivo è l’assenza di una vera e propria “Warm Conveyor Belt”, spesso sostituita da una ristretta avvezione calda pre-frontale generata dalla circolazione ageostrofica indotta dalla “baroclinicità” lungo la discontinuità termica.
Gli “pseudo fronti” rappresentano una caratteristica peculiare dell’area mediterranea. Nella scuola meteorologica sinottica dei paesi del Mediterraneo essi vengono classificati, a secondo della casistica, in; “pseudo fronte freddo”, “pseudo fronte caldo” e “pseudo fronte stazionario”. Ma ora andiamo a identificare queste varie tipologie, tipiche del bacino del Mediterraneo.
1) Lo “pseudo fronte freddo atlantico”: si presenta solitamente nella parte più meridionale di un fronte freddo classico, di origine atlantica, che transita sul Mediterraneo. Si caratterizza da una estesa copertura nuvolosa medio-bassa che dà luogo a precipitazioni sparse, a tratti anche a sfogo di rovescio, per merito degli scambi diabatici fra mare e aria o per ragioni di tipo orografiche. La sua presenza, di solito, dalle immagini satellitari, viene evidenziata da una sfumatura di nubi medio-basse che rappresentano una prosecuzione del fronte freddo classico. Le traiettorie di questo “pseudo fronte” ricalcano quelle delle famiglie cicloniche che si formano a ridosso del fronte polare, i cui sistemi frontali interessano più direttamente l’Europa centrale, sino al margine settentrionale del mar Mediterraneo. L’individuazione del soggetto sinottico non può prescindere dalla presenza di un fronte freddo classico, che dalla parte sottovento dell’asse di saccatura si estende nella parte sopravento, fino a penetrare nel campo anticiclonico (qui parleremo di “pseudo fronte”). L’estensione di tali code del fronte freddo riguardano generalmente l’Atlantico e, successivamente pure il Mediterraneo, per l’effetto indotto dalla ventilazione nord-occidentale.
Rari durante l’inverno, con spiccata frequenza fra estate, autunno e primavera, essi manifestano i propri effetti a seconda della stagione. In inverno, di solito, danno luogo a deboli piogge sparse, mentre d’estate possono produrre una diffusa attività temporalesca. Essendo accompagnati dal maestrale, vento nord-occidentale che sfonda dalla Valle del Rodano, le regioni più interessate da questo tipo di “pseudo fronte freddo” sono quelle che si affacciano sul basso Tirreno, dove si sviluppano dei “Clusters temporaleschi” per i notevoli scambi diabatici fra mare e aria sovrastante. Il passaggio dello “pseudo fronte freddo atlantico” produce delle piogge e dei rovesci, soprattutto lungo le coste della Calabria tirrenica e della Sicilia nord-orientale. L’effetto orografico agisce come un “forcing” nei processi di sollevamento nelle zone sopravento, il cui risultato si evidenzia nei quantitativi di precipitazioni più elevate sulle coste della Calabria tirrenica e della Sicilia nord-orientale.
2) Lo “pseudo fronte freddo continentale”: come parte terminale di un fronte freddo classico, di origine continentale, con una associata intensa avvezione fredda nei bassi strati. La nuvolosità più importante in genere è indotta per l’orografia o processi diabatici, fra mare e masse d’aria sovrastanti, dando luogo a precipitazioni moderate, ma prevalentemente convettive, con rapida rotazione ed intensificazione dei venti. Lo “pseudo fronte freddo continentale” si presenta frequentemente sul Mediterraneo centrale, in corrispondenza dei versanti settentrionali delle principali catene montuose. Gli “pseudo fronti freddi continentali” che interessano l’Italia provengono dai Balcani o dalla regione carpatico-danubiana, andando ad interessare principalmente le regioni del versante adriatico e ionico. Essi accompagnano l’ingresso di una intensa irruzione fredda continentale nei bassi strati e vengono accompagnati da una sostenuta, a tratti pure forte, ventilazione dai quadranti nord-orientali, con l’attivazione di una impetuosa bora sul golfo di Trieste. Anche in questo caso è molto importante il “forcing” orografico, laddove esso si manifesta con gli elevati quantitativo di precipitazione elevate sui versanti orientali dell’Appennino, della Sardegna e sulla Sicilia settentrionale. In alcune situazioni sinottiche questi “pseudo fronti freddi” sono andati ad interagire con occlusioni già presenti sui mari che circondano l’Italia. Gli effetti conseguenti consistono in un rinforzo dei venti dai quadranti orientali, con ingresso di una “Cold Conveyor Belt”, una sensibile intensificazione della “baroclinicità” nei bassi strati ed incremento delle precipitazioni.
3) Lo “pseudo fronte caldo”: caratterizzato principalmente da un sensibile aumento della temperatura e nuvolosità alta e stratiforme. Questo tipo di “pseudo fronte” nella maggior parte dei casi non dà luogo a precipitazioni. La traiettoria di questo tipo di “pseudo fronti” risulta concomitante ai flussi meridionali che convogliano l’aria calda e secca, d’estrazione sub-tropicale continentale, sul Mediterraneo. Lo “pseudo fronte caldo” è generato da un processo frontogenetico dove un ruolo attivo viene assunto solo dall’avvezione calda. Questa configurazione si associa spesso all’azione di una “Upper Level Low”, dove solitamente l’avvezione fredda è limitata agli strati superiori della troposfera.
4) Lo “pseudo fronte stazionario”: si tratta di una lunga e stretta area “baroclina” per intenso “gradiente termico”, delimitante masse d’aria con caratteristiche molto diverse fra loro. Essendo sovrastato dal “getto” si identifica con il fronte polare. Il passaggio del “getto” regola il sostentamento, l’evoluzione e il ciclo di vita. Il Mediterraneo è raramente interessato da queste strutture, se non in corrispondenza di estese saccature che si propagano dalle latitudini polari. La notevole lunghezza dell’onda ciclonica comporta una rilevante stazionarietà, fondamentale per osservare le evoluzioni ciclogenetiche sul “mare Nostrum”. Di solito le precipitazioni non raggiungono mai valori ragguardevoli, salvo nei casi di sviluppo di rapide ciclogenesi, per l’interazione fra il “getto polare” e la discontinuità termica nei bassi strati.