L’unione fa la forza per battere la depressione. Sconfiggere il male del millennio, ai vertici nella classifica delle patologie croniche più diffuse, è un gioco di squadra che deve coinvolgere specialisti e medici di famiglia, pazienti e familiari. L’appello a lavorare in team arriva dagli esperti riuniti oggi e domani 11 e 12 novembre all’Hotel Michelangelo di Milano per il convegno ‘Le depressioni’, promosso dalla Società italiana di psichiatria (Sip) che detta i 10 comandamenti per dare scacco matto al mal di vivere. A illustrarli il presidente della Sip Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco del capoluogo lombardo.
1) ACCORCIARE I TEMPI DI DIAGNOSI. Il tempo medio è ancora molto alto: secondo le casistiche più recenti è di 2 anni, che intercorrono dall’insorgenza dei primi sintomi fino alla malattia conclamata e dunque l’inizio delle terapie. Due anni è anche il tempo medio per decidersi a consultare un medico, con le conseguenti implicazioni sulle manifestazioni, l’efficacia delle cure e il recupero dalla malattia. Per la Sip “il ruolo femminile è cruciale: le donne, oltre a essere colpite dalla malattia in maniera doppia rispetto gli uomini, nel loro ruolo di caregiver possono identificare i primi segnali e orientare precocemente alle cure”;
2) MIGLIORARE LA FORMAZIONE MEDICA. Non solo degli specialisti, ma anche di medici di medicina generale, pediatri, ginecologi, geriatri, diabetologi, cardiologi, pneumologi e di ogni altra specialità medica che potrebbe interagire efficacemente con pazienti affetti da disturbi e malattie mentali;
3) INFORMARE, INFORMARSI. Per gli psichiatri “occorre avviare campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte alla popolazione generale”. La migliore conoscenza porta infatti a ‘identificarsi’ con il problema, a prenderne coscienza e a chiedere l’aiuto di un medico e/o di uno specialista. La condivisione del problema, tipicamente femminile, consente di ampliare il messaggio.
4) INTERCETTARE E PREVENIRE LO STIGMA. “Occorre identificare contesti e situazioni in cui potrebbe esistere una difficoltà a parlare del proprio problema”, invitano gli esperti. Studi recenti hanno evidenziato ad esempio che donne residenti in piccoli centri non solo hanno meno episodi depressivi, ma impiegano anche meno tempo a decidere di rivolgersi al medico e/o allo specialista;
5) CURARSI BENE. Significa non solo avere accesso alle cure, ma anche e soprattutto seguire le terapie secondo le modalità indicate dal medico di medicina generale e/o, laddove necessario, dal medico specialista e in particolare dallo psichiatra, in funzione dei diversi bisogni o della gravità della patologia;
6) NON INTERROMPERE MAI LE CURE. “Il ‘fai da te’ decisionale non è mai ammesso in nessun percorso terapeutico – ammonisce la Sip – specie nelle malattie o nei disturbi mentali in cui ricaduta, nuovi episodi, riacutizzazione delle manifestazioni o riesposizione a fattori di rischio sono spesso frequenti”;
7) SEGUIRE UNO STILE DI VITA SANO. Gli psichiatri lo intendono “in tutte le sue sfaccettature”: dalla corretta alimentazione (evitando cioè cibi che abbiano naturalmente al loro interno componenti eccitanti), alla correzione di comportamenti voluttuari (azzerando il consumo di alcool e droghe che hanno importanti effetti sul sistema nervoso centrale e sulle funzioni mentali), alla pratica regolare di attività fisica (almeno 40-60 minuti di sano movimento per 3-4 volte a settimana), fino a limitare una vita ‘multitasking’, ossia impegnata su troppi fronti come nel caso della donna (professionista, madre di famiglia, compagna di vita) e con più occupazioni ugualmente impegnative, emotivamente e mentalmente coinvolgenti e stimolanti.
8) PRESTARE ATTENZIONE AI CAMPANELLI D’ALLARME. Non soltanto alla perdita di interesse e/o di piacere per le cose normali (vita professionale, sociale o di relazione), ma anche agli aspetti cognitivi. Occhio per esempio ai cali di concentrazione, attenzione e memoria di lavoro, e ad altri segnali spesso trascurati come la tendenza a procrastinare una decisione o l’incapacità di attuare strategie di ‘problem solving’, in contesti sia banali sia più complessi;
9) NON TRASCURARE LA QUANTITA’ E LA QUALITA’ DEL SONNO. “Un sonno breve e disturbato – ricordano gli specialisti della Sip – può rappresentare un importante fattore di rischio per la comparsa e il perdurare di problemi depressivi. L’adattamento al cambio di fuso orario, spesso indotto dalla velocità di spostamento in tempi molto brevi (andata e ritorno da un viaggio intercontinentale), o l’esposizione a contesti che richiedono una rapida flessibilità mentale, possono influire sul sonno che a sua volta interagisce con il corretto sviluppo e la maturazione cerebrale non solo degli adolescenti, ma anche dei giovani adulti. Diversi studi scientifici hanno dimostrato una stretta relazione fra depressione, scarsità di sonno e attivazione di fenomeni infiammatori che sono alla base della comparsa di differenti patologie tra cui diabete, ipertensione e la stessa depressione”;
10) CONFIDARSI E PARLARNE, INFORMARE LE PERSONE CARE. Nel percorso di recupero da uno stato depressivo, che oltre alle cure mediche prevede quelle psicoterapiche, è fondamentale avere accanto “un ambiente familiare accogliente, comprensivo, poco giudicante, che non stimoli sentimenti di vergogna, ma che sostenga in tutte le fasi della malattia. Un’attenzione che va riservata maggiormente alla donna – concludono gli esperti – più esposta non solo allo sviluppo di patologie croniche (complice la più lunga durata della vita), ma anche a un maggiori decadimento cognitivo quale importante effetto collaterale dei disturbi depressivi”.