La Calabria è una delle regioni più sismiche d’Italia sia come frequenza sia come intensità dei terremoti.
Per forte terremoto si intendono quegli eventi sismici di magnitudo superiori al grado 5 della scala Scala Richter. L’epicentro di tali sismi storici è stato registrato in territorio calabro, nella vicina Sicilia o nel bacino del Mediterraneo.
Abbiamo preso in considerazione i quattro terremoti più forti e distruttivi degli ultimi 500 anni: tre hanno riguardato maggiormente la Calabria, quello di Noto invece maggiormente la Sicilia. Li abbiamo ordine per intensità del danno e numero di vittime, che non necessariamente va a braccetto con la magnitudo dell’evento stesso.
Marzo 1638, uno “spaventevole terremoto” devasta la Calabria centro-settentrionale
Il 1638 in Calabria è ricordato come un anno di grandi terremoti. Fu in quell’anno, infatti, che si verificò la prima importante sequenza sismica conosciuta tra quelle che nel corso della storia hanno ripetutamente colpito la regione. Forti terremoti sono noti anche nei secoli e decenni precedenti (ad esempio il terremoto del 1184 nella Valle del Crati, o quello che nel 1626 distrusse Girifalco), ma la serie di violente scosse che colpirono la Calabria centro-settentrionale tra il marzo e il giugno del 1638 è, per ampiezza dell’area devastata ed entità delle distruzioni, la più distruttiva che, negli ultimi 1000 anni, ha interessato il settore centro-settentrionale della Calabria.
Sono eventi ben documentati, descritti da numerose relazioni e memorie pubblicate a breve distanza dal disastro, con testimonianze, osservazioni dirette e resoconti di prima mano attendibilissimi.
Questo terremoto è riportato come un’unica grande scossa con magnitudo equivalente (calcolata sulla base della distribuzione delle intensità macrosismiche) Mw pari a 7.0, tra le più elevate della storia sismica italiana. Secondo altri autori, tuttavia, le distruzioni furono causate da almeno 3 distinte e violentissime scosse avvenute tra il 27 e il 28 marzo (Galli & Bosi, 2003).
Che si sia trattato di una sola grande scossa di Mw 7.0 o, più verosimilmente, di tre forti scosse con Mw > 6.5, il quadro complessivo degli effetti causati dal terremoto di fine marzo non cambia, ed è uno scenario di immane distruzione. Tutta la regione fu interessata da effetti di danno: danni gravi si ebbero fino a Rosarno, verso sud, e fino a Scalea e a Castrovillari, verso nord.
La violenza delle scosse inoltre produsse notevoli effetti anche sull’ambiente naturale, con imponenti dissesti geomorfologici e idrologici che, in qualche caso, modificarono il paesaggio in modo permanente, inoltre la scossa del 27 marzo causò anche effetti di tsunami lungo il litorale di Pizzo, sulla costa meridionale del Golfo di Sant’Eufemia: il mare in un primo momento si ritirò per uno spazio che, secondo le fonti coeve, fu di circa 2000 passi (circa 3,7 km), e in seguito inondò violentemente la spiaggia (Guidoboni et al., 2007).
Il terremoto fece migliaia di vittime. Secondo le prime notizie giunte a Napoli i morti erano circa 30.000, ma furono probabilmente sottostimate perché non tenevano conto della mortalità nei centri situati nelle zone marginali rispetto all’area più danneggiata, e soprattutto dei numerosi decessi che avvennero nei mesi successivi a seguito delle ferite e degli stenti.
Terremoto della Calabria meridionale del 1783
Fu la più grande catastrofe che colpì l’Italia meridionale nel XVIII secolo.
Tutta la Calabria meridionale fu colpita dal terremoto, ma la fascia tirrenica da Reggio a Maida fu devastata, mentre un maremoto colpì Scilla. La regione subì stravolgimenti anche dal punto di vista geomorfologico:
alcune montagne si lesionarono, come ad esempio la montagna su cui sorgeva il vecchio abitato di Oppido Mamertina che fu successivamente abbandonato.
La compressione delle acque sotterranee provocò il mutare del corso di fiumi e torrenti; vi fu ad esempio un abbassamento della valle del Mesina. Inoltre le scosse provocarono enormi frane.
Il sisma interessò anche la Sicilia: ad essere colpita dal terremoto fu Messina, dove restò in piedi solo la Cittadella, e morirono circa 650 persone.
Terremoto del Val di Noto del 1693
Il terremoto del Val di Noto del 9 e dell’11 gennaio 1693 rappresenta uno degli eventi catastrofici di maggiori dimensioni che abbia colpito la Sicilia orientale in tempi storici. Secondo recenti studi in realtà si potrebbe trattare di due eventi distinti. Con una magnitudo momento pari a 7,4 è considerato il terremoto più forte mai registrato nell’intero territorio italiano. Risulta inoltre essere il ventitreesimo terremoto più disastroso della storia dell’umanità, almeno tra quelli storicamente accertati.
Fu, fra l’altro, seguito da uno tsunami che colpì le coste ioniche della Sicilia e lo Stretto di Messina e, probabilmente, secondo alcune simulazioni, interessò anche le Isole Eolie.
Secondo le fonti il numero di vittime fu molto elevato:
- a Catania morirono 16.000 persone su una popolazione di circa 20.000;
- a Ragusa morirono circa 5.000 persone su 9.950;
- a Lentini con 4.000 vittime su 10.000 abitanti;
- ad Occhiolà (l’antica Grammichele) che contava 2.910 abitanti e ne perirono il 52%;
- a Siracusa con circa 4000 vittime su 15.339 abitanti;
- a Militello con circa 3.000 vittime su una popolazione di quasi 10.000;
- a Mineo i morti furono 1355 su 6723 abitanti;
- a Licodia Eubea vi furono 258 vittime censite su una popolazione di circa 4.000 abitanti;
Terremoto di Reggio e Messina del 1908
Il terremoto di Messina del 1908 è considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo. Il sisma di intensità 7.2 della scala Richter, che si verificò alle ore 5:21:42 (ora locale) del 28 dicembre 1908 e durò 37 secondi, danneggiò gravemente le città di Messina e Reggio; metà della popolazione della città siciliana e un terzo di quella della città calabrese persero la vita.
Si tratta della più grave catastrofe naturale in Europa per numero di vittime, a memoria d’uomo, e del disastro naturale di maggiori dimensioni che abbia colpito il territorio italiano in tempi storici.
“Stamani alle 5:21 negli strumenti dell’Osservatorio è incominciata una impressionante, straordinaria registrazione: “Le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave.”
Ingenti danni e numerose vittime si sarebbero poi avute con il successivo maremoto, probabilmente dovuto ad una frana sottomarina nella zona sud di Messina: le onde raggiunsero in pochi minuti la sponda reggina, dove si stima che l’altezza delle onde raggiunse i 12 metri.
Sarà ricordato come il terremoto più drammatico nella storia d’Italia, terremoto che uccise tra 50 e 100 mila persone in Sicilia e Calabria
Per fare chiarezza sulla pericolosità sismica italiana e per non creare inutile allarmismo, già nel 2004 l’INGV (Istituto nazionale di Vulcanologia) ha creato insieme all’Esri una mappa interattiva in cui poter controllare se la città o il paese in cui si risiede è a rischio terremoto. Una leggenda cromatica illustra la situazione: le zone a minor rischio sono in grigio, quelle a maggior pericolo in viola. La mappa è stata tracciata calcolando l’accelerazione massima su suolo rigido rispetto a g (accelerazione di gravità).
Dunque la storia ci insegna quanto il nostro territorio, specie l’estremo sud Italia sia costantemente sotto la lente di ingrandimento degli studiosi. Non è bene creare allarmismi o ipotizzare scenari inverosimili, anche perché come si evince questi eventi hanno un tempo di ritorno abbastanza grande (parliamo di almeno un secolo o due), ma ciò non toglie che dobbiamo sempre tenere alta l’attenzione e PREVENIRE.