Dall’analisi dei tanti video pubblicati in rete ormai non ci sarebbero più dubbi. L’imponente vortice che nel pomeriggio di ieri ha portato morte e distruzione a Ladispoli, nell’area poco a nord di Roma, devastando una intera cittadina, era di origine “supercellulare”. Insomma un vero e proprio tornado, come quelli che si formano spesso lungo le grandi pianure centragli degli Stati Uniti. Probabilmente un “EF3” o “EF4” sulla scala “Fujita” (che misura la scala d’intensità dei tornado e delle trombe d’aria di origine non “mesociclonica”), un evento davvero rarissimo per il nostro territorio. In particolare per le coste dell’Italia centro-meridionale, generalmente interessate da grossi “landspout”, originati da grossi “mesovortex” provenienti dal mare, spesso scambiati ingenuamente per dei tornado (ma in mancanza di un temporale “supercellulare” non si possono definire tali). Durante il pomeriggio di ieri, mentre infuriava l’intenso flusso sciroccale, le cittadine a nord della capitale sono state interessate dal passaggio di un temporale, legato a un sistema convettivo di tipo lineare, che si è sviluppato nel tratto di mare antistante la costa del Lazio centrale, in seno ad una linea di confluenza venti nei bassi strati, fra S-SO e O-SO, originata e plasmata dall’orografia della Sardegna. Difatti proprio in quel punto confluiva l’umido e caldo flusso libecciale che risaliva dal basso Tirreno con le correnti un po’ più fresche, da O-SO, che dalle Bocche di Bonifacio si aprivano a ventaglio in direzione del Tirreno centrale e delle coste del Lazio centro-settentrionale.
Al traverso di questa linea di confluenza venti nei bassi strati, originata dall’influenza orografica della Sardegna, si è sviluppato il grosso cumulonembo temporalesco che si è diretto verso la zona di Ladispoli, entrando dal mare. La mancanza di ostacoli orografici e la presenza di un flusso di aria calda e molto umida, di tipo sub-tropicale marittima (libeccio), ha permesso alla nube temporalesca di raggiungere il retroterra costiera mantenendo una base molto bassa, a tratti anche meno di 250 metri dal suolo. L’intenso “wind shear verticale” presente in loco, esaltato da un forte “low level jet”, che presentava dei massimi di velocità ragguardevoli attorno gli 850 hpa, hanno impresso una notevolissima rotazione al cumulonembo temporalesco che ha raggiunto l’area costiera di Ladispoli, facendolo evolvere molto rapidamente in un sistema temporalesco di carattere “mesociclonico”, dotato di un proprio moto rotatorio ben definito al proprio interno (il cosiddetto “mesociclone”).
Tale processo appena descritto, durante l’avanzata del temporale sulla terra ferma nei pressi di Ladispoli, ha dapprima favorito lo sviluppo di una “nube ad imbuto” sul mare che ha cominciato ad ingrossarsi, fino a toccare terra sul litorale, continuando la propria corsa fino al centro della cittadina laziale che ha subito gravissime devastazioni. Il cono difatti durante la sua avanzata verso l’entroterra ha seriamente danneggiato diverse palazzine, scoperchiando i tetti e abbattendo decine di alberi. Muovendosi progressivamente verso le campagne circostanti il tornado ha anche distrutto i cavi della rete elettrica, proprio come avviene nelle praterie degli States durante il passaggio di una serie di “tornadoes”. Secondo i notevolissimi danni materiali, le tante fotografie e i video a nostra disposizione possiamo classificare questo tornado al limite fra un grosso “EF3” e un “EF4” in base al nuovo criterio di valutazione fornito dalla scala “Enhanced Fujita”, in aggiornamento all’ormai vecchia scala “Fujita”.
In sostanza all’interno del terribile vortice i venti hanno raggiunto velocità veramente impressionanti per i nostri standard climatici, arrivando molto probabilmente a superare la soglia dei 290-300 km/h. Valori davvero incredibili, in grado di cagionare ingentissimi danni, persino alle strutture e alle abitazioni che si trovano nella traiettoria del vortice. Le schegge e i pezzi di lamiera sbalzati per aria hanno cagionato diversi feriti e purtroppo anche una vittima, nella cittadina di Ladispoli. Fortunatamente l’orario ha evitato che il numero dei feriti e dei morti fosse ancora più grave. Nella traiettoria del tornado romano si sono contati anche decine di alberi sradicati, tetti di abitazione divelti e persino una scuola seriamente danneggiata. Molti gli alberi, soprattutto grossi pini, alcuni anche secolari, letteralmente divelti e scaraventati a terra come fossero semplici giocattoli.
Evolvendo verso nord-est il grande vortice si poi progressivamente indebolito fino a dissiparsi quasi del tutto sull’entroterra, quando la base del cumulonembo si è un po’ sollevata, dopo la lunga scia di devastazioni lasciata nel centro di Ladispoli. Tornado di queste dimensioni quando transitano su aree densamente abitate possono mietere anche decine di vittime, radendo al suolo interi centri abitati. Va sottolineato come questi tipi di tornado sono ben più rari dei “waterspout” o dei piccoli tornado non mesociclonici, molto più comuni. Anche per le aree costiere che si affacciano al Tirreno, particolarmente avvezza ai fenomeni vorticosi, data la particolare esposizione ai nuclei temporaleschi che risalgono da un mare ancora caldo, mantenendo una base molto bassa (può anche essere di soli 300-200 metri) visto l’assenza di rilievi, tornado di queste dimensioni possono essere ritenuti assolutamente eccezionali.
Caratteristiche e particolarità dei fenomeni vorticosi che interessano il territorio italiano
In Italia, come su buona parte del continente europeo, i fenomeni vorticosi sono tutt’altro che rari. Sul nostro paese, visto la particolare disposizione orografica, l’intero territorio nazionale quasi ogni anno è soggetto al passaggio di fenomeni vorticosi di debole e media intensità, EF-0 EF-1 EF-2 sulla scala Fujita. Del tutto eccezionali sono gli eventi sopra l’ EF-3, come quello che ieri ha devastato il litorale romano, che per nostra fortuna si ripetono dopo svariati anni. L’area di massima formazione, tra la tarda primavera, l’estate e l’inizio dell’autunno, è proprio la pianura Padana, la costa fra Veneto e Friuli, dove gli avvistamenti dei fenomeni vorticosi sono molto frequenti.
Le situazioni sinottiche ideali alla formazione dei fenomeni vorticosi sulla pianura Padana si ottengono solitamente in presenza di richiami d’aria calda e molto umida da SO e S-SO, mentre da Ovest o da NO, avanza un fronte freddo o un nucleo di aria più fredda in quota che scorre sopra l’aria calda e molto umida preesistente nei bassi strati, scalzandola verso l’alto e originando le forti turbolenze che favoriscono l’esplosione dei cumulonembi. Durante l’autunno e l’inverno invece sono comuni i cosiddetti “waterspout” che molto spesso si osservano durante il passaggio delle intense “Squall line pre-frontali” fra l’area del golfo di Genova, le coste tirreniche e adriatiche, il Golfo di Taranto e lo Stretto di Messina. In sostanza qualunque moto ascendente che sia rapido e che abbia diverse velocità ai vari livelli troposferici è potenzialmente carico di moti vorticosi, che possono poi rappresentare un buon potenziale per produrre delle possibili trombe d’aria.
La stragrande maggioranza dei fenomeni vorticosi che si vedono in Italia sono originati da “shelf cloud” molto attive e ben formate. In questi casi il moto rotatorio che forma la tromba d’aria viene innescato dal “downdraft” associato alla precipitazione. In genere se il “Downdraft” annesso non ha intensità omogenea lungo tutta la “shelf cloud” essa può subire una inclinazione o addirittura una frattura per la diversa spinta da esso generato. L’inclinazione della “shelf cloud” può essere cosi spinta che una parte di essa può arrivare a toccare il suolo formando una tromba d’aria. L’evoluzione del fenomeno è così rapida che sovente si osserva la tromba d’aria già formata e sviluppata. In altre occasioni, ben più rare, le trombe d’aria o i “waterspout” che si generano in seguito a forti turbolenze proprie della “shelf cloud” che riescono a sfondare e a raggiungere il suolo. Il moto rotatorio necessario per la formazione della tromba d’aria viene quasi generato dalla linea di demarcazione esistente tra la corrente ascensionale e quella discendente che non sempre origina “shelf cloud”. La linea di demarcazione insiste fino a quando la Cella temporalesca è attiva da avere contemporaneamente forti moti ascensionali e discendenti.