“Non è più accettabile che in un ambulatorio di oncologia entrino una madre e la sua giovane figlia con tre tumori in due (due ovarici e uno al seno), che si potevano prevenire se si fosse fatto un semplice prelievo di sangue per il test genetico Brca del quale non erano informate nonostante la loro storia. Non è giustificabile che non si possa evitare un tumore al seno a una ragazza di 25 anni il cui padre ha alle spalle una storia forte di cancro, quando abbiamo le armi perché tutto questo non succeda“. Sono storie reali di donne con un rischio scritto nei geni quelle raccontate da specialisti come Nicoletta Colombo dell’Istituto europeo di oncologia.
Donne che non hanno potuto scegliere di sapere, perché in Italia non tutte le pazienti per le quali sarebbe raccomandato, e i loro familiari, hanno quello che è stato battezzato il ‘diritto di gene’: il diritto al test genetico per la ricerca della mutazione dei geni Brca 1 e 2. Gli stessi geni che il grande pubblico collega alla star holliwoodiana Angelina Jolie da quando ha fatto il giro del mondo la notizia degli interventi preventivi – rimozione di seno e ovaie – cui si è sottoposta per riportare nella media un pericolo amplificato di sviluppare tumore, malattia che le ha portato via la madre. Ma la realtà delle persone comuni è spesso diversa, avvertono gli esperti. Il monito sulla disparità di accesso che si registra per le pazienti con cancro ovarico fra una Regione e l’altra d’Italia arriva da Milano. E a lanciarlo sono specialisti, economisti sanitari e associazioni.
Nel Paese sono state più di 5 mila nell’ultimo anno le diagnosi di tumore alle ovaie, responsabile di oltre 3 mila morti l’anno. In base alla tipologia di carcinoma, una percentuale che secondo le stime va dal 15 al 25% deriva dalla mutazione del gene Brca, che può far aumentare la probabilità di sviluppare un tumore fino al 46% e più, rispetto all’1,8% della popolazione generale. Se la neoplasia viene ‘stanata’ in fase avanzata, come avviene ancora nel 75-80% dei casi per via dell’evoluzione subdola e silenziosa, la percentuale di sopravvivenza a 5 anni si riduce drasticamente, fino al 27%. Per sensibilizzare sulla malattia e sui test Brca, l’Alleanza contro il tumore ovarico Acto onlus, l’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’università Cattolica (Altems) e Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) hanno dato vita a 3 progetti sul diritto di gene, con il supporto di AstraZeneca.
Progetti che fanno informazione e analizzano il valore strategico di questi test, in riferimento alla scelta delle terapie più appropriate per le pazienti con cancro ovarico e per la prevenzione rivolta ai familiari che potrebbero aver ereditato la stessa mutazione. Il primo è la campagna ‘Io scelgo di sapere’ – con video educazionali, testimonianze di chi ha ‘scelto’, materiali informativi e un esperto a disposizione – sul tumore ovarico e sulle strategie di prevenzione.
Campagna che si sviluppa sul sito www.actoonlus.it e sui social, seguita nelle prime 2 settimane da più di 20 mila utenti. “Serve perché secondo una nostra indagine circa il 60% delle italiane non conosce neanche questa malattia e il 75% non conosce il test Brca”, spiega Nicoletta Cerana, presidente di Acto onlus, realtà che promuove il progetto con aBRCAdaBRA onlus, e insieme alla Fondazione Aiom (Associazione italiana oncologia medica) e alla Sigu (Società italiana di genetica umana). “I test genetici Brca non sono per tutte le donne, ma sono uno strumento fondamentale in presenza di una diagnosi specifica”, commenta Colombo, professore associato di Ostetricia e ginecologia all’università Milano-Bicocca e direttore del Programma ginecologia oncologica dell’Ieo.
“Consentono – prosegue – di identificare il trattamento più efficace per le pazienti, come ad esempio i farmaci Parp-inibitori che sfruttano il difetto nel meccanismo di riparazione del Dna, derivante proprio dalla mutazione Brca, e bloccano così un ulteriore meccanismo di riparo, portando alla morte delle cellule tumorali“. L’importanza del Brca è stata sottolineata da numerose istituzioni scientifiche come Aiom, Sigu, Sibioc, Siapec-Iap, che hanno lavorato alle ‘Raccomandazioni per l’implementazione del test Brca nei percorsi assistenziali e terapeutici delle pazienti con carcinoma ovarico’, pubblicate sulla rivista Future Oncology, ma non sposate da tutte le Regioni d’Italia.
“La situazione oggi è a macchia di leopardo, migliore in Regioni come Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Veneto“, elenca Cerana. La Lombardia è stata la prima ad aver deliberato la gratuità del test Brca, “ma rispetto alle altre Regioni non fa riferimento alle raccomandazioni Aiom e riconosce il test solo a determinate condizioni“, segnala Colombo chiedendo “alla Giunta lombarda di emendare la delibera che regolamenta l’accesso ai test nel rispetto di tutte le pazienti e dei loro familiari“.
Punta a valutare la sostenibilità economica dei test genetici lo studio dell’Altems, Venus (Valorization of genetic testing future use), che analizza sia la produzione di salute aggiuntiva che il controllo dei costi e dimostra che l’estensione del test Brca alle familiari delle pazienti con cancro ovarico “è un investimento costo efficace per il Ssn“, evidenzia Americo Cicchetti, università Cattolica di Roma e direttore di Altems. Disomogeneità e ostacoli all’accesso al test genetico Brca sono invece al centro del progetto ‘Mutazioni genetiche nel carcinoma dell’ovaio’, promosso da Onda. “Vogliamo offrire per la prima volta – spiega Francesca Merzagora, fondatrice e presidente di Onda – una fotografia puntuale dello stato dei test genetici in Italia“.
E’ “essenziale far comprendere alle pazienti che sapere di essere portatrici della mutazione genetica Brca, oltre a permettere la scelta del trattamento più adatto, può aprire all’interno della propria famiglia un percorso ‘complesso’, ma utile – afferma Stefania Gori, presidente eletto Aiom – perché in grado di portare all’identificazione di familiari sane che potrebbero quindi intraprendere percorsi di sorveglianza attiva o di chirurgia profilattica, evitando così di ammalarsi di tumore“. Sottolinea l’importanza del test per le pazienti con tumore ovarico “in un sistema sanitario universalistico come quello italiano” Pablo Panella, Country President AstraZeneca Italia. “C’è ora la possibilità di accedere a terapie mirate che prima non c’erano, di ottenere una risposta migliore anche in termini di sopravvivenza. Per loro scegliere di sapere equivale a una scelta di vita“. (AdnKronos)
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Tumore alle ovaie: tre progetti per il diritto di accesso al test genetico BRCA
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