Sono ‘soldati disertori’, cellule del sistema immunitario che, quando si trovano all’interno dei tumori, invece di attivarsi per eliminare le cellule malate contribuiscono a spegnere la risposta immunitaria antitumorale. Un team di scienziati italiani le ha messe nel mirino. Sono gli autori di uno studio pubblicato oggi sulla rivista scientifica ‘Immunity’. La firma è di due gruppi dell’Istituto nazionale di genetica molecolare ‘Romeo ed Enrica Invernizzi’ e dell’università degli Studi di Milano, coordinati da Sergio Abrignani e Massimiliano Pagani. Gli esperti hanno mostrato che una tipologia di cellule del sistema immunitario, chiamate cellule T regolatorie, aumentano di numero nei tumori e sono particolarmente efficaci nello spegnere la risposta immunitaria antitumorale impedendo perciò alle difese del nostro organismo di eliminare le cellule tumorali. Lo studio ha analizzato campioni di tessuto raccolti da pazienti affetti da cancro al colon e al polmone, e li ha paragonati a campioni di tessuto normale e sangue periferico, evidenziando importanti differenze tra le molecole delle cellule T regolatorie intra-tumorali rispetto a quelle presenti nel tessuto sano. La speranza, spiegano gli autori, è ora quella di utilizzare queste molecole come potenziali biomarcatori o bersagli terapeutici nell’immunoterapia dei tumori. Questa terapia, che si basa su farmaci che stimolano le cellule del sistema immunitario ad attaccare le cellule tumorali, ha successo per alcuni tipi di tumori, come per il melanoma e il carcinoma polmonare ma – fanno notare gli esperti – presenta anche gravi effetti collaterali in molti pazienti. “Secondo la nostra ipotesi di ricerca, la maggior parte degli effetti collaterali sono dovuti al fatto che l’immunoterapia agisce colpendo molecole che sono presenti sia sulle cellule T regolatorie intra-tumorali che sulle cellule T regolatorie al di fuori del tumore“, spiega Abrignani. “Se riuscissimo ad agire solo sulle molecole presenti nelle cellule T regolatorie intra-tumorali – aggiunge Pagani – la terapia sarebbe più efficace e sicura. Grazie al nostro studio ora abbiamo numerosi nuovi marcatori specifici per le cellule T regolatorie intra-tumorali che potranno essere usati per terapie più sicure“. Il lavoro appena pubblicato “mostra che l’alta espressione di firme molecolari su cellule T regolatorie intratumorali è correlata a una prognosi peggiore“, continua Abrignani evidenziando che gli studi clinici sui nuovi biomarcatori e le immunoterapie che deriveranno da questo studio potrebbero iniziare entro due anni. “Abbiamo posto le basi per una serie di studi importanti, che devono essere fatti il più presto possibile“. Secondo Pagani, lo studio delle relazioni tra le cellule immunitarie e il tumore “è un passo fondamentale per indirizzare l’immunoterapia dei tumori verso la medicina di precisione, contribuendo in modo significativo all’efficacia delle future terapie antitumorali, attraverso la comprensione dei meccanismi che permettono ai tumori di sfuggire al controllo del nostro sistema immunitario“. La ricerca è stata svolta nell’ambito del Consorzio internazionale di epigenetica umana (International Human Epigenetics Consortium) che ha l’obiettivo di studiare le regolazioni epigenetiche nei processi cellulari, ed esplorare le interazioni geni-ambiente nella Salute umana.
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