Vengono annoverate tra le bevande “diet” che fanno bene alla linea e strizzano l’occhio alla salute, ma in realtà non fanno altro che mettere a repentaglio il benessere del corpo , aumentando considerevolmente i rischi di contrarre sgradevoli e pericolosi problemi al fegato e al cuore.
Una ricerca pubblicata pochi giorni fa dalla rivista Plos One ha evidenziato come queste bevande etichettate dalle pubblicità come dietetiche , al fine di renderle più “appetibili” agli occhi dei consumatori, in realtà siano soltanto l’anticamera di problemi di peso e diabete che contribuiscano notevolmente ad aggravare l’epidemia dell’obesità globale che affligge la maggior parte delle persone.
Alla ricerca ha infatti partecipato per 10 anni un campione di consumatori delle bevande light e si è riscontrato tra essi un accumulo di grasso addominale spropositato, oltre che ingenti problemi cardiovascolari.
Ad aggravare la già complessa situazione poi è un altro studio che ha evidenziato come i consumatori d’eccellenza di queste ingannevoli bibite light siano spesso persone affette già da sovrabbondanza di peso.
Ciò che succede effettivamente al corpo , come spiegano gli esperti, si chiama effetto compensazione : se a pranzo si beve una cola light infatti, a cena si potrebbe essere più inclini a concedersi altri cibi zuccherati e non dietetici. Altri studi hanno invece messo in correlazione il consumo di bibite dolcificanti a disturbi della flora intestinale e, di conseguenza, a problemi metabolici.
Quando mangiamo qualcosa di dolce, l’organismo risponde rilasciando ormoni, come l’insulina, che facilitano il metabolismo di quelle calorie. Se però introduciamo zuccheri artificiali, il corpo si prepara a bruciare calorie che, però, non arrivano.
«È come se l’organismo dicesse: aspetta un attimo, l’ultima volta che ho assaggiato qualcosa di dolce, poi non è arrivato niente. Questa volta non so che cosa accadrà, quindi non mi preparo a metabolizzare così tanta energia» spiega a Vox Susan Swithers, Professoressa della Purdue Univerisity che studia gli zuccheri artificiali.
L’insulina dunque non agisce come dovrebbe e la bassa sensibilità delle cellule all’insulina può portare al diabete mellito di tipo 2.