AIDS: in Veneto dal 1988 al 2015 13mila positività all’HIV

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Dal 1988 a fine 2015 in Veneto sono state segnalate 12.991 nuove diagnosi da Hiv, con circa 320 nuovi casi l’anno. Dal 1984 a dicembre 2015 i casi di AIDS in Veneto sono stati 3.753, 2.540 dei quali deceduti, pari al 67,7%. Si stima che a dicembre 2015 i casi prevalenti siano 1.200, stante che negli ultimi due anni non sono stati segnalati decessi.
Sono questi i dati principali dei monitoraggi effettuati dai Registri Hiv e Aids operativi in Veneto, i cui Report sono stati diffusi oggi dall’Assessore alla Sanità Luca Coletto, in occasione della giornata mondiale dell’Aids.
“La mortalità a zero negli ultimi due anni – fa notare Coletto – dimostra come questa malattia, tutt’altro che scomparsa, venga curata al meglio dalle nostre strutture sanitarie che utilizzano le terapie più avanzate a disposizione della comunità scientifica, ma i 320 nuovi casi di positività all’Hiv dimostrano che il rischio di contrarre la malattia è tutt’altro che scomparso. Dal punto di vista della prevenzione lavoriamo prima di tutto sulla corretta informazione tra i giovani riguardo a comportamenti a rischio, sulla promozione di corretti stili di vita anche alla luce delle modifiche avvenute negli anni della caratteristiche comportamentali di chi ha contratto il virus. Poi curiamo, direi piuttosto bene visto lo stop della mortalità, ma la guardia non va abbassata”. Nel Veneto, all’interno del Piano Regionale di Prevenzione 2014-2018 vigente è attivo un Programma Specifico per i comportamenti a rischio Hiv, ma anche per l’uso di alcol, tabacco e sostanze psicoattive illegali, basato sulla metodologia innovativa delle “peer education”, che si fonda sulla capacità dei ragazzi, opportunamente formati, di trasmettere le conoscenze acquisite a quelli di qualche anno più piccoli
I Rapporti della Sanità regionale indicano che il 77,5% dei casi di Aids si è verificato nei maschi, con un’età media passata dai 33 anni del 1990 ai 47 del 2015. Per le femmine l’aumento dell’età media è stato altalenante, crescendo progressivamente dal 2010 e raggiungendo il massimo di 46 anni nel 2015.
Per quanto riguarda le modalità di trasmissione dell’Hiv, negli anni sono andate ad esaurirsi categorie come i soggetti trasfusi, gli emofilici e i bambini, mentre è progressivamente aumentata la trasmissione sessuale che, dal 2011 al 2015 è risultato il fattore di rischio principale. Nei maschi, il rapporto omosessuale ha determinato il 41% delle positività, il rapporto eterosessuale il 27%, l’uso iniettivo di droghe il 3%. Le motivazioni non note sono il restante 29%. Diverso il quadro tra le femmine, il 73% delle quali ha contratto il virus attraverso rapporti eterosessuali, il 3% con l’uso iniettivo di droghe, l’1% attraverso rapporti omosessuali. Il rimanente 28% riguarda le cause non note. Nel totale tra maschi e femmine, i rapporti etero raggiungono il 37% di causalità, i rapporti omosessuali il 32%, l’uso iniettivo di droghe il 3%. Le cause non note sono complessivamente il 28%.
Rispetto alla nazionalità dei pazienti, tra il 2000 e il 2015 la quota di stranieri è stata del 30%, con un picco massimo del 46,8% nel 2010. Nel 2015, il 24% delle nuove diagnosi di Adis ha riguardato stranieri.
L’assistenza ai pazienti con infezione da HIV in Veneto è affidata ai Centri di Malattie Infettive, dislocati nei capoluoghi di provincia (Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia-Mestre, Verona, Vicenza) e in due altri centri locali (Santorso in provincia di Vicenza e Legnago in provincia di Verona). In questi centri è possibile fare il test per HIV in modo anonimo e gratuito e senza impegnativa del Medico di Medicina Generale, inoltre vengono presi in carico i pazienti con infezione documentata. La privacy dei pazienti è assicurata secondo quanto previsto dalle normativa nazionale (legge 135/90) e regionale e una volta documentata l’infezione, è prevista una esenzione della quota di partecipazione (ticket) che rende le procedure diagnostiche e terapeutiche esenti da pagamento. Le terapie messe a disposizione non sono in grado di eliminare l’infezione e portare a guarigione ma sono in grado di sopprimere completamente la replicazione del virus assicurando la sopravvivenza dei pazienti e la loro qualità di vita comparabile ai pari età non infetti da HIV. Affinché questo avvenga è però necessaria una diagnosi precoce, essendo le diagnosi tardive gravate da un notevole eccesso di mortalità e morbilità.
Purtroppo ancora più del 50% delle diagnosi viene effettuata tardivamente influendo negativamente nel raggiungimento degli obiettivi terapeutici; un problema che è legato principalmente alla sottostima individuale del rischio di trasmissione: sottostimando la probabilità di essere state infettate, le persone non si sottopongono al test e giungono alla diagnosi solo in presenza di sintomi severi, che compaiono quando le difese immunitarie sono già molto depresse.
Il tema sarà anche trattato il 7 dicembre prossimo a Villa Nievo Bonin di Montecchio Precalcino (Vicenza) nel corso di un incontro, organizzato da “Motore Sanità” sul “percorso diagnostico terapeutico come strumento di clinical governance nella gestione del paziente con hiv”. (AdnKronos)

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