Due nuovi esopianeti vanno ad aggiungersi alla lista di quelli finora conosciuti nella nostra Galassia. A scoprire la coppia di giovanissimi pianeti extrasolari, tanto da risultare ancora in fase di formazione, è stato un gruppo di astronomi guidato dal ricercatore italiano Andrea Isella della Rice University di Houston (Texas, Stati Uniti) grazie alle osservazioni del telescopio ALMA dell’ESO in Cile. I due oggetti celesti, entrambi di dimensioni comparabili al nostro pianeta Saturno, come spiega Marco Galliani, sono stati individuati in modo indiretto: gli scienziati hanno intuito la loro esistenza attorno alla giovane stella HD 163296, di massa circa doppia a quella del Sole e distante 400 anni luce da noi, grazie alle riprese di ALMA che mettono in evidenza due evidenti “solchi” nel disco di polveri e gas che la circonda. Quegli anelli di spazio sostanzialmente privo di materia sono stati interpretati come le zone in cui altrettanti pianeti stanno completando il loro processo di accrescimento e formazione.
«ALMA ci ha mostrato immagini stupefacenti e scorci mai visti prima degli anelli e delle zone vuote intorno a giovani stelle che potrebbero rappresentare i segni caratteristici della formazione di nuovi pianeti» dice Isella, primo autore di un articolo pubblicato sulla rivista Physical review Letters. «Tuttavia, dato che stavamo solo guardando la polvere nei dischi con sufficiente precisione, non potevamo essere sicuri di ciò che ha dato origine a queste caratteristiche».
Il gruppo di ricerca ha utilizzato ALMA per tracciare, per la prima volta, sia la distribuzione della polvere che del monossido di carbonio (CO) sotto forma di gas che compongono il disco attorno ad HD 163296 con un livello di dettaglio simile. Le osservazioni hanno rivelato tre distinte zone concentriche vuote nella polvere che compone il disco protoplanetario. La prima si trova a circa 60 unità astronomiche dalla stella centrale, ovvero 60 volte la distanza tra Terra e Sole, che è circa il doppio dello spazio che separa il Sole da Nettuno. Le altre due lacune si trovano a 100 e a 160 unità astronomiche dalla stella centrale: rispetto al nostro Sistema solare, si posizionerebbero ben oltre la fascia di Kuiper, la regione di corpi ghiacciati esterni all’orbita di Nettuno. I ricercatori hanno confermato con le osservazioni di ALMA la presenza di simili andamenti anche nella distribuzione del monossido di carbonio in concomitanza delle due lacune più esterne.
«Dati di quattro anni fa a più bassa risoluzione angolare ci avevano permesso di vedere solo un debole indizio di sotto-strutture in questo sistema; ora che il radiotelescopio ALMA è entrato a pieno regime abbiamo potuto rilevare queste incredibili e marcate strutture ad anello, indizio che il sistema è già in una fase avanzata della sua evoluzione e che molto probabilmente ha già dato origine a giganti gassosi. Commenta Greta Guidi, studentessa di dottorato di Ricerca all’Università di Firenze e all’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, che ha partecipato allo studio.
In base a questa concomitanza di informazioni, gli astronomi ritengono di aver trovato
«ALMA ci sta facendo fare passi da gigante nella nostra comprensione del processo della formazione dei pianeti» sottolinea Leonardo Testi, astronomo dell’ESO e associato INAF, tra i coautori dell’articolo. «Dopo i primi risultati sulle strutture nella polvere in HL Tauri, TW Hydrae ed Elias 2-27, adesso finalmente possiamo anche osservare l’effetto dei pianeti sul gas molecolare. La combinazione di queste osservazioni di ALMA con osservazioni ad alta risoluzione e contrasto con ottica adattiva a LBT e VLT ci permetteranno presto anche di rivelare i giovani pianeti e studiarne le proprietà».