“La qualità dell’aria di Taranto, in corrispondenza della forte riduzione di produzione operata dall’Ilva e delle modifiche operative adottate nella gestione degli impianti per dare seguito ad alcune delle prescrizioni dell’Aia, e’ oggi notevolmente migliore di quella che abbiamo respirato per anni, ma non significa che sia buona“. E’ quanto si legge in una nota del circolo Legambiente di Taranto commentando le conclusioni generali dello studio di biomonitoraggio e tossicita’ degli inquinanti presenti nel territorio di Taranto elaborato dall’Istituto superiore di sanita’. “Se in molte citta’ italiane – osserva l’associazione ambientalista – il problema e’ costituito dal traffico veicolare e dal riscaldamento domestico, a Taranto l’origine dell’inquinamento e’ prevalentemente industriale e, considerate le dimensioni e la tipologia dei processi produttivi, ascrivibile per molta parte all’Ilva e per ogni incremento di 10 microgrammi di particolato (pm, ovvero polveri sospese nell’aria, ndr) si registra un aumento dello 0.69% di mortalita’ contro lo 0.31% di altre citta’ italiane (secondo lo studio Misa) e lo 0.33% di altre citta’ europee (secondo lo studio Sentieri)“. Legambiente ricorda che “Arpa Puglia, nella sua Valutazione del danno sanitario del 2013, ha gia’ evidenziato il persistere di rischi sanitari sulla popolazione di Taranto, anche ad Aia completamente attuata“. L’associazione chiede che “si proceda in una direzione che segni una netta discontinuita’ con la fabbrica dei Riva avviando il passaggio ad una produzione di acciaio che non faccia ricorso al carbone e che da subito riduca la capacita’ produttiva riveniente dai vecchi impianti a ciclo integrale ben al di sotto degli otto milioni di tonnellate/anno autorizzati dall’Aia del 2012“.
Ilva: l’aria di Taranto è migliorata, ma non è ancora buona
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