“Lo studio ha permesso di rilevare una situazione di potenziale presenza di disturbi clinici e preclinici del neurosviluppo nell’area di Taranto, non riconosciuti e non adeguatamente sottoposti ad interventi preventivi, terapeutici e riabilitativi“. E’ quanto emerge dalla Relazione finale degli ‘Studi di biomonitoraggio e tossicità degli inquinanti presenti nel territorio di Taranto‘ compiuta da ministero della Salute e Istituto superiore di sanità. Lo studio rileva che “il 15% di potenziali diagnosi cliniche osservato nel campione esaminato, basato per definizione su soggetti supposti sani, indica l’opportunità di ulteriori approfondimenti diagnostici ed epidemiologici“. “Si tratta comunque di un risultato in linea con i dati epidemiologici mondiali sulle patologie del neurosviluppo – si osserva – comprendenti autismo, Adhd, disturbi dell’apprendimento e del comportamento, che interessano il 10-15% delle nascite“. “I disturbi osservati – si legge ancora – sono maggiormente evidenti nelle aree in prossimità delle emissioni industriali considerate ed in funzione inversa rispetto alla distanza dalle sorgenti, calcolata in riferimento ai camini di emissione dell’ILVA nelle cui adiacenze insistono anche una raffineria ed un cementificio“. “Gli effetti neuropsicologici, come peraltro atteso – sottolinea ancora lo studio – sono associati soprattutto al piombo, anche se le concentrazioni interne di questo metallo e degli altri studiati risultano, globalmente, minori o dello stesso tenore di altri studi e non sono indicativi di sorgenti di esposizione specifiche, non risultando distribuiti diversamente in funzione delle zone di residenza né della distanza dalle sorgenti emissive“. “Il ruolo dell’esposizione ad agenti neurotossici risulta pertanto uno dei determinanti degli effetti osservati nell’area di Taranto, assieme allo stato socioeconomico. Data la natura trasversale delle osservazioni – si osserva – non è possibile attribuire un ruolo di causalità, considerando la non disponibilità di dati di monitoraggio ambientale in prossimità delle scuole prese in considerazione che non ha permesso di identificare con precisione le sorgenti di esposizione“. Nelle conclusioni si ritiene comunque “opportuno evidenziare alcune limitazioni dello studio che risiedono fondamentalmente nella dimensione campionaria e nella non disponibilità di dati di monitoraggio biologico relativi ad epoche pregresse, caratterizzate da prevedibili livelli più elevati di emissioni industriali, relative soprattutto all’epoca prenatale e postnatale dei soggetti esaminati in cui si realizza una maggiore vulnerabilità durante lo sviluppo delle funzioni nervose“.