Che i mari e gli oceani custodiscano tesori è un fatto ben noto dalla millenaria storia della navigazione. Battaglie navali, assalti di pirati e condizioni meteorologiche avverse sono state da sempre le cause più ricorrenti della perdita di vite umane e della la sparizione di preziosi carichi, inabissati e adagiati sui fondali. Ma vi sono anche altri tesori custoditi dai fondali marini, tesori immateriali che fanno gola ai vulcanologi, spiega Domenico Di Mauro: le registrazioni delle grandi eruzioni esplosive dei vulcani sparsi in tutto il mondo, sotto forma di livelli di cenere vulcanica, i cosiddetti “tefra” che, nel corso del tempo, si sono alternati ai sedimenti marini.
“Si tratta di veri e propri marker,” afferma Alessio Di Roberto, vulcanologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Sezione di Pisa, esperto di tefrostratigrafia, ”livelli guida che permettono la ricostruzione della sequenza cronologica e la sincronizzazione degli archivi naturali con una precisione difficilmente raggiungibile con altri metodi”.
Per la prima volta il carotaggio di sedimenti marini, sarà realizzato appositamente per la raccolta dei depositi vulcanici attraverso il progetto denominato TRACERS (TefRocronologia ed eventi mArker per la CorrelazionE di archivi naturali nel Mare di RosS, Antartide), che si svolgerà a bordo della nave-cargo oceanografica ITALICA, nell’ambito della XXXII° campagna antartica (2016-2017). I progetto, coordinato dall’INGV vede la partecipazione di due sezioni dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Sezioni di Pisa e Roma 2), e la collaborazione dell’università di Trieste, dell’Istituto di scienze marine del CNR di Bologna e del Research Laboratory for Archaeology and the History of Art dell’Università di Oxford.
Il progetto ha l’obiettivo finale di individuare, datare e caratterizzare in dettaglio i tefra contenuti all’interno di sequenze di sedimenti marini deposte sulla piattaforma continentale del Mare di Ross, in un area posizionata sottovento rispetto ai principali vulcani attivi della Terra Vittoria (Erebus, Melbourne, Overlord, Rittmann e il campo vulcanico delle Pleiadi), attraverso strumentazione all’avanguardia e sofisticate tecniche analitiche.
“Questi studi potranno garantire un significativo avanzamento nella conoscenza della storia eruttiva dei vulcani antartici (età, frequenza, intensità e magnitudo delle eruzioni con stima dei volumi di materiale emesso) e delle possibili relazioni di interazione tra attività vulcanica e dinamica della criosfera. Il progetto contribuirà anche a migliorare la cronologia di eventi geologici, paleoecologici o paleoclimatici e alla sincronizzazione delle sequenze studiate con quelle provenienti da altri ambienti naturali”, prosegue Di Roberto.
Durante la corrente campagna antartica sarà attivo anche il progetto ICE-VOLC (MultiparametrIC Experiment at antarctica VOLCanoes) che vede ancora la partecipazione di ricercatori INGV delle sezioni di Catania, Palermo, Pisa e Roma e finalizzato ad una più dettagliata definizione dell’attuale stato di attività di due dei già citati vulcani, il Melbourne e il Rittmann. Posizionati in prossimità della stazione antartica italiana Mario Zucchelli, distando da questa solo 40 e 140 km, rispettivamente, rappresentano dei laboratori naturali inviolati vista l’assenza di attività antropica. Questi vulcani, tra i meno conosciuti della Terra, sono classificati come attivi.
“Il pianificato monitoraggio e le analisi delle sorgenti sismo-vulcaniche, dei gas vulcanici ed emissioni termiche puntano ad una migliore valutazione delle manifestazioni vulcaniche sub-aeree e alla ricostruzione della dinamica del loro sistema di alimentazione, nonché all’impatto che il degassamento introduce nel sistema criosfera-atmosfera.
Guardare la firma lasciata nel passato da questi sistemi vulcanici, sia in relazione con altri eventi geologici remoti e moderni che in relazione alla propria storia evolutiva e monitorare il loro attuale stato di “salute” rappresentano due preziose guide per reinterpretare e aggiornare il loro contributo alla comprensione e conoscenza della vulcanologia globale persino da questo affascinante e distante angolo del pianeta, l’Antartide”, conclude Di Roberto.