Convivere con la fibrillazione atriale, una sfida quotidiana per 6 milioni di europei. I pazienti fanno i conti con la mancanza di informazioni, diagnosi spesso tardive e una minore qualità di vita per l’effetto della malattia sul benessere fisico ed emotivo: questa la fotografia scattata da un’indagine dell’Atrial Fibrillation Association (Afa), condotta online su oltre 1.000 pazienti fra Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, e illustrata a margine di un meeting scientifico internazionale promosso da Daiichi Sankyo a Lisbona. La fibrillazione atriale è la forma più diffusa di aritmia cardiaca, destinata a crescere ancora: si stima che nei prossimi 50 anni il numero di casi raddoppierà. Eppure, è ancora quasi sconosciuta. Secondo l’indagine, un paziente su 2 prima della diagnosi non ne aveva mai sentito parlare e uno su 4 ha accusato i sintomi per un anno o più prima di arrivare a una diagnosi. In Italia, il 45% non conosce la fibrillazione atriale e, tra quelli che sanno di cosa si tratta, la metà non è però a conoscenza dei sintomi. Non solo. Il 38% ignora il legame tra quest’aritmia cardiaca e l’ictus, anche se ben un evento cerebrale su 5 è causato da fibrillazione atriale. Il rischio di sviluppare ictus, infatti, è 3-5 volte superiore in chi soffre di questa patologia, e continua ad aumentare con l’età. Ma gli stessi pazienti non lo sanno: secondo i dati europei, ben uno su 2. La preoccupazione principale, piuttosto, è rappresentata dagli effetti della malattia sulla quotidianità: tornando ai dati italiani, la metà dei pazienti descrive un disagio soprattutto emotivo, oltre a ricadute sull’attività fisica quotidiana (36%), sul menage familiare (23%) e sul lavoro (22%). Una delle esigenze emerse dall’indagine è la richiesta di informazioni. Un bisogno che, lamentano i pazienti, resta ancora insoddisfatto, rendendo più difficile la gestione quotidiana della patologia. La metà degli intervistati, infatti, vorrebbe sapere come comportarsi riguardo, per esempio, alla dieta o all’esercizio fisico. Ma chiede anche di poterne sapere di più sulle terapie e su come prevenire il rischio di ictus. Per seguire bene la cura, e non dimenticarsi di prendere i farmaci, gli italiani vorrebbero un aiuto dalle nuove tecnologie e dagli smartphone, con la preponderanza di sms (42%) e app (35%) rispetto alla chiamata di un infermiere (19%) o di un familiare (3%). Chi soffre di fibrillazione atriale spesso deve ricordarsi di assumere più farmaci, più volte al giorno. Solo per questa patologia quasi la metà degli intervistati prende ancora 2 compresse al giorno, a cui si aggiungono altre pillole per altre malattie concomitanti, trattandosi in gran parte di pazienti anziani. Questo finisce col causare disagio, tanto che la maggior parte degli intervistati (53%) preferirebbe assumere meno farmaci. Infine, anche se ormai per la fibrillazione atriale esistono diverse opzioni oltre alla terapia standard con il warfarin, l’indagine rivela che a più della metà dei pazienti intervistati (55%) non è stata presentata alcuna altra possibilità. La mancanza di efficacia (32%), gli effetti collaterali (30%) e i frequenti monitoraggi con numerosi appuntamenti dal medico (18%) sono invece le principali ragioni lamentate dai pazienti per modificare il trattamento. La puntuale fotografia scattata dall’indagine evidenzia “il ruolo chiave dei clinici e la necessità di una maggiore educazione anche fra la classe medica“, conclude Trudie Lobban, fondatrice e Ceo di Afa.
Medicina: 6 milioni di europei con fibrillazione, poca informazione e diagnosi tardive
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