Il 2016 è stato l’annus horribilis della musica pop mondiale. Star del calibro di David Bowie, Prince e, ultimo della lista, George Michael, ci hanno detto addio, ma le loro hit – da ‘Last Christmas’ a ‘Life on Mars?’ – resteranno nei cuori dei loro fan per sempre. La scienza spiega perché la musica ha un effetto su umore ed emozioni variabile da persona a persona: è una questione di Dna. L’impronta delle note è nei geni dopaminergici, quelli che regolano la produzione di dopamina – l’ormone del piacere e della felicità – nel cervello. Un nuovo studio di imaging genetico ad altissima partecipazione tricolore fornisce la prima prova di un ‘fil rouge’ che collega questi geni alla musica, evidenziando che gli effetti della musica – e del rumore – sul comportamento affettivo e la fisiologia del cervello sono associati a una funzionalità della dopamina determinata geneticamente. La ricerca è stata diretta da Elvira Brattico della Aarhus University (Danimarca) e condotta in due ospedali italiani in collaborazione con l’università di Helsinki (Finlandia). I suoni, spiegano gli autori del lavoro, sono in grado di incidere sugli stati d’animo e sulle emozioni delle persone, probabilmente regolando proprio la dopamina cerebrale, neurotrasmettitore fortemente coinvolto nel comportamento emotivo e nella regolazione dell’umore.
Tuttavia, fanno notare gli scienziati, il rapporto tra ambienti sonori e stati d’animo-emozioni è molto variabile da persona a persona. E una fonte putativa di variabilità è il background genetico. Lo studio pubblicato su ‘Neuroscience’ mostra che una variazione funzionale del gene del recettore D2 della dopamina modula l’impatto della musica, all’opposto del rumore, sull’attività cerebrale prefrontale e dello striato correlata a stati d’animo ed emozioni, evidenziando una suscettibilità differenziale per gli effetti modulatori di musica e rumore sui genotipi GG e GT. Nel dettaglio, si è osservato per esempio nei soggetti GG un miglioramento dell’umore dopo l’esposizione alla musica e nei soggetti GT un deterioramento dell’umore dopo l’esposizione al rumore. I risultati dello studio identificano una fonte biologica di variabilità dell’impatto dei suoni sulle risposte emotive.
“Il nostro approccio ha permesso di osservare il legame tra GENI e fenotipi tramite un vero e proprio percorso biologico che va dalle variazioni genetiche funzionali alla fisiologia del cervello che sottende al comportamento“, commenta Tiziana Quarto, studentessa dell’università di Helsinki e primo autore dello studio. E’ la prima volta, aggiunge Brattico, che si utilizza “il metodo dell’imaging genetico nel campo della musica e dei suoni in generale. Siamo entusiasti dei risultati perché suggeriscono che anche un intervento non farmacologico come la musica potrebbe regolare l’umore e le risposte emotive sia a livello comportamentale che neuronale”. Ma, “ancora più importante – conclude – incoraggiano la ricerca di interventi personalizzati basati sulla musica per trattare disturbi cerebrali associati ad aberrazioni della neurotrasmissione dopaminergica così come all’attività cerebrale correlata ad umore ed emozioni anormali”.