Non solo risparmi ma anche benefici come minori emissioni, maggiore produttività, minori costi di gestione. Cogliere i molteplici vantaggi dell’efficienza energetica, coniugando un uso ottimale delle risorse lungo la filiera con il core business aziendale, è uno degli spunti emersi durante il convegno organizzato dalla Fire che ha chiuso a Milano la settima edizione di Enermanagement.
Riprendendo le tematiche dello scorso anno, dunque, si è continuato a parlare dei benefici non energetici legati allo sviluppo di un sistema efficiente, leve aggiuntive rispetto al risparmio economico legato alla riduzione dei consumi sia per le aziende che decidono di realizzare interventi, sia per chi vende tecnologie e servizi.
I margini di applicazione sono ampi. Del resto l’Italia ha conseguito fra il 2011 e il 2015 il 32% dei risparmi previsti al 2020, secondo i dati del Raee Enea.
Secondo Dario Di Santo, direttore Fire, “diverse evidenze mostrano che essere un leader oggi e rimanere competitivi domani richiede una forte attenzione alla gestione delle risorse, alla sostenibilità e alla filiera in cui rientrano le proprie attività“.
Carrefour è un primo esempio in tal senso. L’azienda si è posta degli obiettivi di riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2025 e del 70% entro il 2050. Potenziato il sistema di monitoraggio dei consumi all’interno dei punti vendita. Avviata una gestione integrata delle utenze (luce, acqua, freddo, ecc..) e dei rifiuti. C’è, poi, il progetto futuro di recupero dei rifiuti biodegradabili prodotti dai supermercati per trasformarli in biometano con cui alimentare la propria flotta di veicoli commerciali.
Altro esempio è Mediamarket (società nota in Italia per il marchio Media World), che a un’attiva politica energetica aziendale sia a livello internazionale che nazionale ha di recente aggiunto una nuova e ambiziosa politica sulla sostenibilità, mettendo insieme le varie funzioni aziendali. Sulle proprie sedi ha realizzato 36 audit energetici in ottemperanza all’obbligo di legge per le grandi imprese, sfruttando le indicazioni ottenute in merito alle opportunità di intervento: su 760 possibili progetti suggeriti dalle diagnosi negli ultimi anni ne sono già stati realizzati oltre 370, con consistenti risparmi energetici ed economici.
Lo scenario nazionale mostra una crescita delle certificazioni Iso 50001, sebbene una recente indagine Fire-Cei-Cti evidenzi un insufficiente coinvolgimento delle diverse funzioni aziendali nell’energy team e un eccesso di burocrazia. “I leader di mercato già adottano questo approccio integrato, che prende in considerazione tutta la filiera“, sottolinea Di Santo. “E del resto le performance negli ultimi venti anni delle imprese che hanno investito nella sostenibilità, nelle persone e nella governance – aggiunge – si sono dimostrate superiori a quelle delle imprese conservatrici“.
Durante il convegno, gli interventi in tema di strumenti hanno fornito, grazie ai contributi di Fedabo, Dba, Hitaci, Metron e Schneider, spunti sul connubio fra efficienza energetica, nuove tecnologie e Internet of Things, in allineamento con la spinta governativa verso industria 4.0.
Spazio è stato dedicato anche alle buone pratiche ed alle diagnosi. In Italia sono 14mila i rapporti di diagnosi e oltre 7.000 le imprese che hanno adempiuto all’obbligo. La giornata si è conclusa con il protocollo internazionale Ipmvp, il più diffuso e utilizzato dagli anni Novanta, liberamente disponibile da inizio 2016 grazie alla traduzione di Fire, attraverso cui si analizzano i consumi di energia misurati per determinare il risparmio. (AdnKronos)