Terremoto Amatrice, il vescovo: “Contro gli sciacalli della ricostruzione serve coesione”

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Ventotto bare, a rappresentare le 231 vittime di Amatrice e le 11 di Accumuli, poste davanti l’altare sul quale era stato issato un Crocifisso e a lato sistemata una statua della Madonna della neve, posizionata su un cumulo di macerie. Davanti a quelle salme, alla fine di agosto, il vescovo di Rieti ed Amatrice, Domenico Pompili, lanciò un monito: “Non uccide il terremoto, ma le opere dell’uomo“. Oggi – racconta Denise Faticante per LaPresse – alla vigilia del primo Natale Pompili cerca di dare speranza ai fedeli.

DOMANDA: Monsignor Pompili, che Natale sarà questo per Amatrice?

RISPOSTA: Mi auguro che sia un Natale irripetibile, spero che tutto ciò che potrà avvenire sarà migliore. Siamo a pochi mesi dalla tragedia, non si può pensare che tutto sia stato metabolizzato. E’ un dolore lancinante ma già ci sono segnali che parlano di risollevarsi. Ora si passa alla fase della ricostruzione, che certamente è la più complessa per capire la sostenibilità delle promesse.

D: Il rischio che si corre sempre in questa fase è vedere arrivare l’ombra della corruzione. Se lei dovesse fare un appello a chi si avvicina qui per la ricostruzione cosa direbbe?

R: La ricostruzione non sia un’opera di sciacallaggio. L’antidoto alla corruzione è la determinazione della gente di veder realizzati i propri legittimi diritti come quelli di tornare a vivere qui. Questo è possibile se c’è lavoro e casa. Ma la cosa più importante è la coesione di una comunità che insieme difende i suoi diritti.

D: Così si allontanano gli sciacalli?

R: Sì, se la comunità mantiene una coesione, se non si va in ordine sparso si fa meno il gioco di chi cerca di introdursi per interessi privati. Quando al contrario le persone stanno dalla stessa parte a vigilare, anche le possibili fonti di inquinamento si attenuano.

D: Ai fedeli che si chiedono il perché queste morti atroci e ingiuste lei cosa risponde?

R: Non ci sono risposte precotte rispetto a questi interrogativi che rimangono tale. Bisogna stare accanto alle persone, dare il senso della presa in carico. Bisogna ritrovare la forza del legame, stare insieme e consolidare i rapporti. Questa l’unica maniera per rialzarsi.

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