Amatrice non è più un inferno, è il purgatorio. Lo si vede negli occhi della gente, nella mani che si sfregano l’una con l’altra infreddolite, nei volti di chi si incontra a ridosso della zona rossa. Ognuno di queste persone – racconta Denise Faticante per LaPresse – come chi è appena uscito da una guerra, ha vissuto un lutto e forse sta elaborando la morte. Nessuno di chi cammina oggi, a quattro mesi dal violento terremoto che ha cancellato per sempre la storia e la vita di questo borgo famoso in tutto il mondo, nell’unica strada fangosa fuori dalla macerie è immune dal dolore. Eppure sul viso si intravedono attesa e speranza che hanno preso il posto del dolore e della disperazione. Amatrice è morta, non “esiste più”, disse il sindaco Sergio Pirozzi, tra le lacrime, ai primi giornalisti che quella notte lo raggiunsero al telefono.
LA ZONA ROSSA
Amatrice oggi è una sola strada, piena di brina diventata prima ghiaccio poi fango: è corso Umberto I, unico orientamento urbano qui, dove l’architettura è ormai tornata natura. Da pochi giorni questo viale è stato sgomberato dalla macerie che sono andate ad accumularsi alle montagne di detriti e pietre. Prima della scossa del 30 ottobre, che ha distrutto Norcia, qui, nella zona rossa c’erano case in attesa di demolizione. Il secondo terremoto ha strappato le mura esterne e così dalla strada si viola l’intimità. Lungo la via, guardando dal basso si vede l’interno di un bagno, più in là una poltrona quasi sospesa, e poi i quadri sulla parete del soggiorno, il letto disfatto, vestiti stesi, lo spazzolino, il bicchiere, un gingillo sopra il televisore. Si ha quasi l’impressione, passando vicino alle macerie accompagnati dai vigili del fuoco, che lo spirito delle persone aleggi ancora lì, tanto è vivida l’impressione della vita portata via in un attimo.
IL COC
Intorno alla zona rossa si vive, si lavora, si produce: una ovattata e costante attività in ogni angolo. E’ evidente al Coc, il Centro operativo comunale, intorno al quale si muovono decine e decine di persone: chi con fogli in mano portati da un ufficio all’altro, chi con pacchi tenuti in braccio, chi con facce pensierose si avvia verso l’ufficio di Sergio Pirozzi, un container bianco con un cartello: ‘sindaco sfrattato a tempo’. Nel Coc i cartelli e le scritte parlano più di mille gesti. Davanti alla porta di uno degli uffici si legge a caratteri cubitali: ‘Non si ricevono aziende’. Le divise di protezione civile, polizia, carabinieri e vigili del fuoco si mischiano ai civili che lì lavorano o ai cittadini che sono in fila per qualche richiesta.Fra pochi giorni verranno assegnate le casette e sarà comunque un nuovo inizio.
LE CASETTE
Quando ci si avvicina al cancello un operaio dice: “Conviene che andiate lì su, dall’alto potete vedere meglio le case e come procedono i lavori”. É vero, dall’alto le casette di Amatrice, installate di fronte al Coc, danno l’idea della normalità. Tra qualche giorno 25 famiglie avranno un tetto e un letto. Pochi giorni fa Pirozzi aveva sottolineato: “Mi appello al buon senso della comunità e per questo invito a fare richiesta per andare a vivere nelle prime 25 strutture abitative d’emergenza, che ormai chiamiamo casette, solo chi ha realmente necessità”. Pirozzi aveva precisato che il criterio adottato “è frutto di una discussione che ha coinvolto l’intero Consiglio comunale e che sarà lo stesso per tutte le casette che verranno costruite. Mi riferisco quindi a chi magari, ha attività economiche e attualmente si trova a vivere in abitazioni di fortuna, o chi ha situazioni particolari legate alla salute o alla famiglia, chi non riesce a sradicarsi dalla città”.Domani qui arriva il premier Paolo Gentiloni. Un operaio che trasporta tubi sulle spalle ed entra e esce dal sito delle casette dice: “Spero che almeno lui e gli altri si mettano gli scarponi”.