Pearl Harbor come simbolo del “potere della riconciliazione” tra ex nemici. E’ questo il messaggio lanciato da Barack Obame e Shinzo Abe che hanno prestato omaggio insieme alle 2400 vittime dell’attacco lanciato 75 anni fa dai giapponesi contro la Flotta americana nel Pacifico, che segnò l’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. “Qui è dove noi ricordiamo che anche quando l’odio brucia di più, quando il richiamo al tribalismo è più forte, dobbiamo resistere alla spinta a rinchiuderci, a demonizzare chi è differente“, ha detto il presidente americano. “Il sacrificio fatto qui, l’angoscia della guerra, ci esorti a cercare quella divina scintilla che accomuna tutta l’umanità“, ha poi aggiunto. “Noi non dobbiamo più ripetere gli orrori della guerra: questo è il solenne impegno che noi giapponesi abbiamo preso“, ha detto, da parte sua, il premier giapponese che ha offerto “le più sincere e durature condoglianze” per le vittime dell’attacco del 7 dicembre 1941. Abe non ha presentato le scuse del Giappone per quell’attacco, come del resto Obama, nella sua storica visita ad Hiroshima, non aveva chiesto scusa a nome dell’America per la bomba atomica di 71 anni fa. I due leader hanno poi riaffermato l’alleanza tra Stati Uniti e Giappone, definendola il fondamento della sicurezza e della prosperità in Asia. “Noi siamo alleati che affronteranno insieme, in modo più forte che mai, le sfide globali“, ha detto Abe che è stato il primo leader internazionale ad incontrare Donald Trump, nei giorni immediatamente successivi alla vittoria elettorale del repubblicano lo scorso novembre. Anche se negli anni ’50 altri tre premier giapponesi si sono recati in visita a Pearl Harbor, Abe è stato il primo a visitare l’USS Arizona Memorial, la nave da guerra che affondò durante i bombardamenti provocando la morte dei 1177 militari a bordo e che nel 1962 è stata trasformata nel memoriale ai caduti.