“Non ci sono dubbi che l’innamoramento sia un forma transitoria di follia” esordisce la Prof.ssa Marazziti. “Analizziamo bene cosa ci succede quando siamo innamorati. Siamo costantemente su di giri, spesso euforici, o alterniamo momenti di gioia ad altri di sconforto estremo se il partner ci tiene sulla corda, il pensiero è costantemente rivolto all’altro che trasfiguriamo come l’essere più straordinario che esista sulla faccia della terra. Perdiamo interesse nelle attività quotidiane che ci sembrano tutte inutili e banali, dato che il nostro unico interesse è stare con l’altro, e come e dove rivederlo. A parte l’esperienza di noi tutti, anche la scienza da alcuni decenni ha ampiamente suffragato quella che è un’ esperienza universale”.
Circa vent’anni fa la Dott.ssa Donatella Marazziti, psichiatra all’Università di Pisa, ha dimostrato per la prima volta che esiste una modificazione biologica negli innamorati, vale a dire una riduzione della serotonina, uno dei principali messaggeri chimici del cervello, che funziona un po’ come un freno inibitore nel cervello.
La riduzione della serotonina negli innamorati è simile a quella rilevata in tanti pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo, ed è stata infatti collegata dalla psichiatra a quella particolare modalità di pensiero “ossessivo” focalizzato sul partner che, secondo gli psicologi, sembra la caratteristica più specifica dell’innamoramento. Dopo questo studio, ne sono seguiti molti altri fatti da gruppi di ricerca diversi che hanno confermato modificazioni neurobiologiche nei soggetti innamorati, come un aumento delle neurotrofine o attivazione di specifiche aree cerebrali. Il gruppo di Pisa ha continuato a lavorare sui sentimenti e successivamente ha dimostrato alterazioni di vari ormoni negli innamorati, e correlazioni tra ossitocina, gelosia e stili di attaccamento romantico.
L’ultimo lavoro – uscito una settimana fa circa sulla rivista americana CNS spectrums, intitolato Decreased lymphocyte dopamine transporter in romantic lovers, e fatto in collaborazione con i colleghi Baroni, Giannaccini, Piccinni, Mucci, Catena-Dell’Osso, Rutigliano, Massimetti e Dell’Osso (CNS Spectr. 2016 Dec 29:1-5) – aggiunge un ulteriore tassello al complesso mosaico della modulazione biologica dell’innamoramento. Con questo lavoro i ricercatori hanno infatti dimostrato, attraverso un parametro periferico, un aumento di un altro neurotrasmettitore, la dopamina, nel cervello degli innamorati. Il coinvolgimento di tale sostanza era già stato dimostarto indirettamente da studi di risonanza nucleare magnetica funzionale, che avevano evidenziato come negli innamorati le aree cerebrali che usano la dopamina funzionino di più. Il gruppo della Dott.ssa Marazziti ha invece dimostrato direttamente che la dopamina è a concentrazioni più alte negli innamorati.
“Questa modificazione della dopamina – spiega la Prof.ssa Marazziti – sarebbe alla base della gioia, dell’aumento di energia, del desiderio di unione psichica e sessuale dell’altro e, in generale, del piacere legato alla relazione. In ogni caso, queste alterazioni di neurotrasmettitori importanti quali la serotonina e la dopamina, potrebbero spiegare come a volte la relazione affettiva possa rappresentare in momento di vita rischioso per alcuni individui più fragili al punto da scatenare vere e proprie patologie psichiatriche, o disturbi comportamentali quali lo stalking, l’aggressività auto ed eterodiretta”.
Il tema sarà trattato anche nel corso del seminario Psicologia, biologia e psicopatologia dell’amore che si terrà a Lucca il 28 gennaio presso il Centro Medico San Marco (viale Marti 43, 55100). Il Seminario è organizzato dalla Fondazione BRF ONLUS in collaborazione con l’Istituto La Quercia, e vedrà protagonisti noti professori ed esperti di livello nazionale e internazionale.