Prosegue l’inchiesta della Procura di Pescara sulla vicenda che ha coinvolto l’Hotel Rigopiano di Farindola. Ieri sono stati ascoltati Giorgia Galassi e Vincenzo Forti i due fidanzati di Giulianova, i quali sono molto provati e non hanno aggiunto molto a quanto gia’ si sapeva. Nel tardo pomeriggio sono iniziate altre autopsie, il fronte delle indagini cerca particolari precisi su tutto quello che poteva essere fatto prima, cioe’ per la gestione dell’emergenza e per il durante, cioe’ capire se in quel disastro totale che era l’Abruzzo di quelle ore, tutto sia stato fatto per arrivare in tempo a Rigopiano. Le turbine per esempio: in Abruzzo l’Anas ne ha nove. E’ attualmente al vaglio la catena di comando dei soccorsi, le responsabilita’ precise delle sale operative.
Ad attirare l’attenzione degli inquirenti è soprattutto la sentenza del 2016 sulla presunta corruzione nei lavori di ristrutturazione del 2007-2008, nella quale si confermano gli abusi, sanati successivamente da una delibera del Comune che divento’ oggetto di accusa della Procura. I tre giudici scrivono che ”l’occupazione abusiva che riguardava una porzione di terreno piuttosto esigua (1.700 mq) tenuto conto della collocazione geografica (un’area di montagna totalmente disabitata e destinata a pascolo), fu sanata e stabilito per la sua occupazione un canone che non vi sono motivi per ritenere incongruo”. In una intercettazione due imputati tra i quali il sindaco dell’epoca Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico (Giancaterino e’ il fratello di una delle vittime della valanga), dicevano che ”la delibera che sano’ l’abuso non doveva mettere in risalto lo specifico aspetto dell’occupazione abusiva”, perche’ secondo il giudice ‘‘tale preoccupazione e’ motivata da finalita’ meramente politiche e non dalla necessita’ di favorire illecitamente i propri sodali’‘.
La Procura aveva ipotizzato l’assunzione all’hotel Rigopiano di parenti degli amministratori comunali imputati. Nella sentenza di assoluzione degli imputati si legge, tuttavia, ”di una zona grigia moralmente sgradevole ma penalmente irrilevante, comportamenti abituali (in questo paese) di soggetti titolari di potere, i quali ritengono di utilizzare la loro posizione di primazia per assicurare vantaggi a familiari ed amici, consapevoli che il potere a loro affidato comporti di per se’ tali privilegi”.