Tecnologia: alla scoperta della fisica in due dimensioni

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“Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia così che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a voi, o lettori beati, che avete la fortuna di abitare nello spazio”. Così scriveva Edwin A. Abbot (‘Flatlandia’, Feltrinelli) nel lontano 1882, raccontando la vita in un mondo a due dimensioni e mostrando le consuetudini di una società che apparirebbe a noi abitanti del mondo tridimensionale quanto meno bizzarra. Quello che potrebbe sembrare solamente un racconto di fantasia diviene ai nostri giorni quasi una profezia, dal momento che sono stati assegnati tre premi Nobel per la Fisica a David J. Thouless, F. Duncan M. Haldane e J. Michael Kosterlitz per “aver fatto luce su strani stati della materia (in due dimensioni)”.

Come scriveva Abbot, la realtà fisica in due dimensioni è molto diversa da quella che osserviamo nel mondo attorno a noi. In Flatlandia prendono vita nuovi stati della materia che possono essere spiegati solamente dalle leggi della meccanica quantistica. E queste fasi quantistiche sono oggi oggetto di una intensa ricerca, allo scopo di sviluppare nuovi dispositivi elettronici, in grado, si spera, di avere un forte impatto sulla vita quotidiana.

I sistemi bidimensionalispiega Giacomo Roati, Istituto nazionale di ottica sull’Almanacco della Scienza del CNRdevono il loro comportamento unico alla combinazione di statistica quantistica, forte correlazione tra le particelle, dimensionalità e topologia. Questi tre ingredienti sono tutti fondamentali, ma allo stesso tempo difficili da controllare nei sistemi convenzionali. Innanzitutto il numero di gradi di libertà di un sistema elettronico reale è gigantesco. Inoltre, l’interazione tra gli elettroni è difficilmente modulabile e anche la produzione di film bidimensionali ‘puliti’ è resa particolarmente complessa dalla presenza di imperfezioni e impurezze che possono alterare o mascherare gli effetti quantistici. Come conseguenza, nonostante il grande interesse generale che questi sistemi suscitano e nonostante il grande sforzo che in questi ultimi anni si è dedicato al loro studio, la comprensione teorica dei meccanismi alla base di questo comportamento peculiare è ben lontana dall’essere completa.

Il progetto Erc di cui sono responsabile è intitolato ‘Simulazione quantistica di sistemi fermionici in due dimensioni’ e ha come scopo finale proprio quello di studiare la fisica in due dimensioni, utilizzando atomi fermionici ultrafreddi di 6Li (Litio 6, isotopo fermionico del Litio). Gli atomi ultrafreddi sono considerati piattaforme ideali per studiare fenomeni quantistici in maniera controllata e unica. Essi rappresentano la realizzazione di quanto Richard Feynman auspicò negli anni Ottanta nell’International Journal of Theoretical Physics, ossia l’idea di utilizzare sistemi quantistici come simulatori dei fenomeni microscopici. La particolarità del nostro sistema consiste nel fatto che esistono risonanze collisionali note come risonanze di Fano-Feshbach che permettono il controllo dell’interazione tra i fermioni. In questo modo possiamo studiare il cosiddetto Bec-Bcs crossover, ossia la transizione da un regime di superfluidità di natura bosonica (tipo 4He, Elio 4 isotopo bosonico dell’Elio) a uno di natura prevalentemente fermionica (tipo 3He, Elio 3 isotopo fermionico dell’Elio). Inoltre, a differenza dei sistemi convenzionali che si basano su strutture cristalline ben definite e insite nei materiali, nel nostro esperimento possiamo disegnare potenziali di intrappolamento bidimensionali arbitrari, utilizzando luce laser in combinazione di modulatori spaziali di luce e di dispositivi fatti da specchi digitali. Questo ci permette una versatilità pressoché illimitata per la produzione di campioni ultrafreddi in due dimensioni.

Grazie al finanziamento del progetto Erc ho potuto costruire l’apparato sperimentale attualmente in funzione e abbiamo cominciato a studiare i diversi superfluidi a disposizione. Al momento stiamo completando la parte ottica per la produzione dei campioni bidimensionali. Allo stesso tempo abbiamo rodato il sistema sperimentale osservando per la prima volta in assoluto in questi sistemi atomici fermionici la dinamica Josephson attraverso una sottile barriera di potenziale, che è una delle misure fondamentali e tipica della transizione a superfluido. Questa nostro lavoro è stato pubblicato sulla rivista internazionale ‘Science’. In futuro, vogliamo ripetere la stessa misura in due dimensioni dove la transizione a superfluido è particolarmente intrigante.

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