“Qualsiasi struttura, dal palazzo di 30 piani alla microscopica macchina molecolare, è sottoposta a forze esterne che possono provocare deformazioni o rotture, ma non tutti i materiali si rompono nella stessa maniera. E, quando si parla di fratture, le dimensioni contano. Un sottilissimo foglio di grafene si spezza in modo diverso da un ponte, mentre la rottura di un osso è caratterizzata dalla formazione di microfratture, diversamente da quanto accade in una lastra di vetro. Studiare come diversi materiali reagiscano a queste forze è un obiettivo di grande importanza nell’ambito della scienza e dell’ingegneria.
Un obiettivo non facile da perseguire: quando si ha a che fare con oggetti molto grandi o molto piccoli, effettuare test strutturali può essere complicato, se non addirittura impossibile. Inoltre, le prove di resistenza che vengono effettuate in laboratorio riguardano campioni di piccole dimensioni di un determinato materiale, che poi però verrà usato in strutture molto più grandi. E, passando dal piccolo al grande, le differenze non sono poche. È possibile simulare il comportamento di un materiale usando modelli che, a loro volta, necessitano di solide basi teoriche sulle interazioni fra le molecole: al momento, però, manca una teoria generale della deformazione e della rottura dei materiali.
È proprio qui che entra in gioco Sizeffects, un progetto che ho diretto – spiega Stefano Zapperi, Istituto di chimica della materia condensata e di tecnologie per l’energia, in un articolo sull’Alamanacco della Scienza del CNR – e per il quale nel 2011 ho ottenuto un Advanced grant dallo European Research Council. Da sempre affascinato dal fatto che i materiali si rompono per i motivi più differenti e alle scale più diverse, ho voluto fare un passo avanti rispetto ai modelli usati correntemente dagli ingegneri per descrivere la deformazione dei metalli che non riescono a tenere conto di un fenomeno particolare che si osserva a livello microscopico: oggetti molto piccoli, a differenza di quelli grandi, quando vengono sottoposti a forze esterne si deformano in modo incontrollabile, con veri e propri balzi improvvisi. Per comprendere questo tipo di dinamiche è quindi necessario usare modelli teorici, come quelli sviluppati nel campo della fisica statistica dei sistemi complessi e disordinati.
Per capire le proprietà di un sistema complesso non basta conoscerne tutte le singole componenti, bisogna anche studiare il modo in cui esse interagiscono fra di loro. È proprio da questa interazione che emergono gli attributi macroscopici, non a caso chiamati ‘proprietà emergenti’, che caratterizzano il sistema. In questo caso particolare, studiando il modo in cui interagiscono queste micro-componenti quando sottoposte a una forza esterna, ho mirato a individuare le proprietà emergenti del sistema stesso relative alla sua deformazione. Dal piccolo al grande, insomma. Senza però trascurare le differenze nel comportamento dei materiali in base alla dimensione.
I primi risultati di Sizeffects sembrano confermare la validità di questo metodo: studiando la deformazione di micro-colonnine metalliche sottoposte a compressione, con i miei colleghi abbiamo scoperto un meccanismo generale che, se confermato dai prossimi esperimenti, potrebbe essere utile anche a comprendere deformazioni della crosta terrestre come i terremoti. Grazie anche a un approccio multidisciplinare, che combina fisica, informatica e biologia, il progetto Sizeffects sta compiendo importanti passi avanti nella ricerca di una teoria generale della deformazione e della rottura dei materiali.”