A una settimana dal Terremoto fra L’Aquila e Rieti del 18 gennaio, sono diminuite sia per numero che per intensità le repliche: lo sciame sismico sembra andare verso l’esaurimento e la situazione torna ad avvicinarsi a quella del 17 gennaio, anche se l’attenzione dei sismologi resta alta sia sulla piccola area a Sud-Est della sequenza, rimasta silenziosa, sia sull’area colpita, che potrebbe non avere esaurito tutta l’energia accumulata. E’ il bilancio tracciato dal sismologo Gianluca Valensise, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
“La zona colpita dal Terremoto del 18 gennaio ha continuato a dare molte repliche, ma tutte relativamente piccole”, ha detto il sismologo. “Fino al 17 gennaio l’attenzione si concentrava su principalmente su due aree: quella a Sud-Est di Amatrice e quella a Nord-Ovest di Ussita”, vale a dire le ali estreme della sequenza iniziata il 24 agosto. La preoccupazione, ha spiegato, era legata al fatto che “ci sono faglie attive lungo tutto l’asse dell’Appennino che non hanno dato grandi terremoti in tempi recenti”. Le faglie accumulano infatti energia, caricandosi progressivamente fino a raggiungere il punto di rottura. Il Terremoto del 18 gennaio, ha osservato, “e’ andata a riempire in parte lo spazio a Sud-Est di Amatrice, ma non completamente, e’ come se avesse ‘saltato’ un frammento”.