Ambiente: a Bologna gli stati generali del biometano, pochi impianti ma grandi prospettive

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Sono soltanto 7, di cui 6 a scopo dimostrativo, gli impianti a biometano nel nostro Paese. Eppure il potenziale producibile al 2030 potrebbe raggiungere gli 8,5 miliardi di metri cubi (di cui 0,5 da rifiuti – escluso il potenziale da discarica difficile da stimare – e il resto da agricoltura). A fare il punto sullo scarso utilizzo di questa risorsa in Italia e sulle sue grandi potenzialità sono Legambiente e Assorinnovabili che, in una giornata di lavori in corso a Bologna, stanno approfondendo le prospettive e le opportunità dello sviluppo di quello che l’articolo 2 del decreto legislativo 28/2011 definisce come quel “gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo all’immissione nella rete del gas naturale”. La giornata è organizzata da Legambiente con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e ha come obiettivo anche quello di fare il punto con stakeholders e addetti ai lavori sullo stato dell’arte e il ruolo delle bioenergie nel nuovo sistema energetico italiano e nell’ambito della bioeconomia europea. Dal quadro normativo sul biometano e i suoi sottoprodotti, al funzionamento degli impianti di produzione di biogas e biometano, come quello di Pinerolo e quello di compostaggio a Finale Emilia. “La produzione di biometano – spiega il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani – è un anello fondamentale per il corretto trattamento dei rifiuti biodegradabili nell’ambito del nuovo scenario dell’economia circolare europea. A tal proposito, è fondamentale costruire impianti di digestione anaerobica, in particolare nel centro sud Italia che ne è ancora sprovvisto”. “Questi impianti sono, purtroppo – sottolinea Ciafani -, ancora poco noti e molto osteggiati ed è fondamentale attivare adeguate campagne d’informazione. Anche il settore agricolo può dare il suo contributo, tenendo conto però dell’efficienza dell’uso del suolo, dando priorità agli scarti agricoli e alle biomasse di integrazione rispetto alle colture dedicate. Migliorando la propria competitività sul mercato, il biometano può contribuire a ridurre significativamente le emissioni del settore agricolo che in Italia rappresentano oltre il 7% delle emissioni complessive di gas climalteranti”. Il biometano “fatto bene” – sottolinea Legambiente -, prodotto nel rispetto della biodiversità e dell’uso dei suoli agricoli, può rivestire un ruolo fondamentale nella strategia energetica del nostro Paese e sul fronte della lotta al mutamento climatico. Una grande opportunità per rendere più sostenibile il consumo di energia domestica e industriale ma anche la mobilità, per ridurre l’inquinamento atmosferico e migliorare la gestione dei rifiuti. Per questo motivo, Legambiente è tra i sostenitori e sottoscrittori della Piattaforma Biometano, promossa dal Consorzio Italiano Biogas, per “sottolineare non solo l’importanza energetica di questa risorsa, ma anche il suo importante contributo in diversi settori apparentemente lontani tra loro, con benefici ambientali e socio economici. Stando alle stime del Cib, per esempio, lo sblocco del biometano porterebbe alla nascita di 12mila nuovi posti di lavoro solo nel settore del trattamento rifiuti, gestione discariche e il ciclo degli impianti agro industriali”. “La possibilità di sfruttare le infrastrutture esistenti per la distribuzione del biometano, come la rete gas che attraversa il nostro Paese – approfondisce Ciafani – è un aspetto particolarmente interessante di questo biocombustibile in quanto dà la possibilità di utilizzarlo facilmente e subito nella copertura dei fabbisogni domestici. E necessario, però, completare definitivamente il quadro normativo che ancora oggi vieta l’immissione del biometano in rete, pratica utilizzata invece da molti anni in diversi paesi europei. Anche l’autotrazione ne beneficerebbe, perché il biomentano potrebbe essere utilizzato nei camion per trasporto merci di lunga percorrenza, in sostituzione del gasolio, ben più inquinante”. La produzione del biometano – sottolinea Legambiente – “può avvenire nel rispetto della biodiversità e della funzione di stoccaggio del carbonio svolta da foreste e dai terreni coltivati; si ottiene sia dalle biomasse di origine agricola che si rinnovano nel tempo e che nel loro ciclo di vita hanno incorporato il carbonio presente nell’atmosfera, sia dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante da raccolta differenziata. Il suo consumo avviene quasi senza ulteriori emissioni climalteranti. Chimicamente uguale al metano fossile (o gas naturale) è utilizzabile in miscela o in sostituzione del gas e può quindi essere distribuito nei metanodotti e in città”. “Lo sviluppo del biometano – commenta Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili – avrà forti sinergie con due asset fondamentali del nostro Paese in tema di politiche energetiche: la rete nazionale del gas naturale, una delle più capillari ed estese d’Europa, in cui potrebbe essere immesso; e il parco auto a metano, di gran lunga il più importante d’Europa, che, grazie al biometano, potrebbe svilupparsi ulteriormente”. “Evidenti – sottolinea – sono anche i vantaggi per la nostra salute: secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, è dell’Italia il triste primato di morti premature per l’inquinamento dell’aria. AssoRinnovabili accoglie pertanto con favore l’ormai imminente pubblicazione del provvedimento che pone fine ad anni di ritardi e a un vuoto normativo che ha reso impossibile la realizzazione di iniziative imprenditoriali”.Il parco veicoli italiano a metano è il primo in Europa, composto da poco meno di un milione di veicoli tra autobus, autocarri per trasporto merci, autoveicoli e autovetture, trattori stradali e motrici.

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