Protagoniste di romantiche osservazioni notturne, oppure responsabili di eventi di estinzione planetaria: sono le comete e gli asteroidi, affascinanti quanto misteriosi oggetti celesti.
Le comete hanno due origini: quelle di lungo periodo, con un tempo di rivoluzione attorno al Sole superiore a 200 anni hanno origine nella nube di Oort; quelle di breve periodo, arrivano dalla fascia di Kuiper.
La prima è poco più di un’ipotesi elaborata dall’astronomo danese a metà del secolo scorso.
Sarebbe una gigantesca nube ai confini del Sistema Solare, ben oltre l’orbita di Plutone, in una zona di difficile osservazione, scarsamente illuminata ed inesplorata da sonde umane.
Sofisticate elaborazioni statistiche, azzardano l’enorme cifra di alcuni trilioni di oggetti celesti contenute in quella porzione di spazio, pari ad una frazione significativa della massa dei pianeti attorno al Sole.
La fascia di Kuiper è una zona a forma di disco che si trova oltre l’orbita di Nettuno, e si estende fra circa 30 e 100 Unità Astronomiche dal Sole (1 UA è pari alla distanza Terra – Sole, ovvero circa 150 milioni di km).
Ma come si trasforma una cometa in un asteroide distruttivo?
Per effetto delle interazioni gravitazionali con i pianeti giganti (Giove e Saturno) l’orbita di un oggetto della fascia di Kuiper o della nube di Oort sia perturbata, ed immessa su una nuova rotta che lo porta a incrociare le zone interne del Sistema Solare.
Complesse interazioni fra gravità e moti di rivoluzione dei pianeti attorno al Sole, possono causare un pericolo che la rotta intersechi la posizione di un pianeta o un satellite.
Quello avvenuto circa 66 milioni d’anni fa, con un meteorite di 12 km e che ha generato il cratere di Chicxulub, nella penisola messicana dello Yucatàn ampio 180 km, ha causato la transizione dal periodo Cretaceo al Paleocene e l’estinzione dei dinosauri.
Un evento ancora più devastante era avvenuto alla fine del Permiano (Great Dying, 251,4 milioni d’anni fa), con un oggetto celeste di 50 km che fece sparire il 90% delle specie marine ed il 70% degli invertebrati terrestri, generando all’impatto un cratere di 480 km oggi sepolto in Antartide sotto 2 km di ghiaccio.
Alcuni studi ipotizzano che l’energia liberata nell’urto, causò il distacco dell’Oceania dall’Antartide e la formazione del super continente Gondwana.
La manifestazione più recente ha colpito Giove nel 1994 con l’impatto della cometa Shoemaker-Levy 9 (video registrato da Terra dal telescopio HST e dalla sonda Galileo).
I crateri presenti su Marte e sulla Luna, sono la dimostrazione che tali eventi erano molto frequenti e, sebbene meno probabili, la Terra non ne è del tutto immune.
Ecco uno spettacolare video del meteorite di ?eljabinsk (Siberia) del 2013.
(Fonte INAF)
Fluenti chiome colorate
Quando una cometa si avvicina al Sole inizia a risentire della presenza della particelle del vento solare (un mix di particelle radioattive e cariche elettriche): il ghiaccio che avvolge il nucleo roccioso, evapora ed appare la chioma.
Il colore di questa scia dipende dal tipo di gas che la compone: se è di tonalità blu/azzurra (come la Hale-Bopp) si tratta di ioni di monossido di carbonio.
Se invece è verde, come la Lovejoy, la Lulin o la recente 45P/Honda-Mrkos-Pajdusakova, siamo in presenza dalla ionizzazione delle molecole di carbonio biatomico e cianogeno.
Spesso polveri e gas formano due code, orientate in direzioni differenti.
La spiegazione risiede nel fatto che la polvere è più pesante e resta indietro rispetto al nucleo, formando spesso una coda incurvata.
Il gas, più leggero ed influenzabile dalla pressione esercitata dai venti solari, forma una coda diritta, in direzione opposta al Sole, seguendo il campo magnetico.
In questi casi, si dice che la cometa possiede una coda e un’anti-coda, proprio come la Lulin del 2007.