Mangiamo meno cioccolato, ma più costoso. Lo rivelano i dati Euromonitor secondo i quali nei Paesi occidentali il consumo del cibo degli dei ristagna o decresce (in Nord America dal 2010 al 2015 -2%) nonostante la spesa risulti in aumento, in Europa del 2%, in Nord America del 4%. Ma c’è un eldorado del cioccolato ed è l’Asia. in Cina nell’ultimo decennio i consumi sono raddoppiati, pur rimanendo lontani rispetto a quelli occidentali: loro ne mangiano appena 100 grammi all’anno, mentre, per esempio, gli inglesi ne consumano 8 Kg. Secondo Lawrence Allen, autore del libro Chocolate Fortunes, 200 milioni di cinesi l’hanno assaggiato ed in 400 milioni si possono permettere di comprarlo. Si tratta di un mercato ancora tutto da conquistare.
Nel mondo nel 2016 sono stati spesi complessivamente 123 miliardi di dollari in cacao e derivati, quasi 30 soltanto in tavolette o barrette di cioccolato (in maggioranza al latte), con una crescita del 12% nel periodo 2012-2016. E se nel periodo 2013-2015 la produzione annua a livello mondiale è calata del 5%, a fine 2016 ha ripreso a crescere per segnare il record di 4milioni di tonnellate. In Italia in media consumiamo 4 Km di tavolette all’anno (la metà rispetto alla dieta dei Paesi europei) preferendo il fondente (40%) a quello al latte e a quello bianco. In tutto il mercato italiano vale 2,5 miliardi di euro, ma negli ultimi 3 anni si è ristretto. Quello che risulta aumentato negli ultimi anni è stato l’export di cioccolato, che hanno raggiunto i 665 milioni di euro (siamo i primi sul mercato cinese) e che rappresenta il 6,1% del mercato mondiale, ponendoci al quinto posto tra i paesi europei nell’export del cibo degli dei. Se si guarda l’altro lato della medaglia, quello della filiera produttiva, troviamo la Costa d’Avorio (1,7 milioni di tonnellate annue nel 2015) e il Ghana (835mila tonnellate nel 2015), in cima alla classifica dei produttori, con il 58% del mercato mondiale nelle proprie mani. Qui si coltivano soprattutto i cacao destinati ai cioccolati da copertura, quelli usati in pasticceria o nelle linee delle Gdo. I cacao aromatici che provengono principalmente dal Venezuela, Ecuador, Colombia e Perù rappresantano solo un 7% del cacao mondiale. I primi trasformatori al mondo sono gli olandesi con una produzione annua di 530mila tonnellate, che rappresentano il 17% di tutti i derivati del cacao. La Cina ha invece scoperto il cioccolato da pochi anni, ma ha scalato subito la classifica divenendo il nono mercato mondiale del cioccolato già nel 2012 con una crescita annua del 5%. Al moemnto non si hanno stime precise ma si calcola che la Cina sarà il secondo mercato del cioccolato entro il 2020, secondo Euromonitor.
Esiste tuttavia un lato oscuro del cacao: riguarda la speculazione e le scommesse che ruotano intorno a quello che gli addetti ai lavori non chiamano cibo degli dei ma commodity. Per capire di cosa stiamo parlando occorre fare un salto indietro nel tempo. Nel 2013 la International Cocoa Organization (Icco) stimava che dal 2020 ci sarebbe dovuto essere un deficit annuo di 100mila tonnellate di cacao a livello globale e che sarebbero mancate un milione di tonnellate all’appello dei consumatori. Queste aspettative sono rimbalzate sui mercati internazionali facendo schizzare il prezzo del cacao alla Borsa merci di New York: da marzo a settembre è salito del 20% toccando i 3.350 dollari per tonnellata. Tuttavia il 17 gennaio 2017 Euromonitor ha bollato i dati Icco come sbagliati, lanciando il tweet: “No cocoa crisis in 2017”. Il prezzo del cacao è crollato del 30% in meno di 3 mesi tra novembre 2016 e febbraio 2017. Ad oggi in circolazione ci sono almeno 10 milioni di contratti futures sul nuovo “oro nero”, segno dell’interesse (e delle paure) che aleggiano intorno ai frutti gialli dell’albero del cacao. La continua oscillazione dei prezzi e la precarietà impressa alla vita dei coltivatori, porta ad abbandoni ciclici delle piantagioni, come è accaduto nel decennio 2002-2012 in Costa d’Avorio a causa della guerra civile. Abbandoni purtroppo colmati con il reperimento di manodopera minorile sottopagata. Nel 2013 il rapporto Save The children segnalava come nella sola Costa d’Avorio si stimassero circa 33.000 bambini al lavoro per raccogliere il frutto alla base della lavorazione del cacao. Oggi, grazie a politiche governative ferree sul prezzo minimo e a programmi di miglioramento delle filiere impresso dai giganti del cioccolato, puniti dal mercato molto più sensibile alle tematiche etiche del lavoro, stano portando immensi cambiamenti. La aziende italiane che importano dalla Costa d’Avorio nel solo 2016 hanno garantito un acquisto di 40.000 tonnellate di cacao da filiera fairtrade e si spera che i dati siano destinati a crescere