Un modello matematico in grado di fornire proiezioni sulla trasmissione del colera e quindi di orientare la prevenzione del contagio attraverso i vaccini in direzione della diffusione dell’epidemia. La scoperta è valsa il ‘Premio alla ricerca‘ dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ad Enrico Bertuzzo, professore associato del dipartimento di Scienze ambientali, informatica e statistica e leader del team internazionale che ha sviluppato il sistema. Il riconoscimento è stato consegnato ieri sera durante l’inaugurazione del 149simo anno accademico dell’Ateneo veneziano. Testato sulle epidemie del 2000 in Sud Africa e del 2005 in Senegal, il modello è stato messo al servizio di Medici senza frontiere per valutare la migliore risposta al contagio scatenatosi ad Haiti a seguito dell’uragano Matthew, nell’ottobre 2016. Nel giro di poche settimane si sono registrati nell’isola oltre 11mila casi di sospetto contagio. La ricerca ha dato risposte in tempo reale: l’Oms ha potuto sfruttare gli scenari calcolati dal modello per orientare la campagna di vaccinazioni su 1 milione di haitiani. Proiezioni e dati sono stati messi a disposizione online da Msf per fornire informazioni aggiornate a chi interveniva sul campo. Bertuzzo, ingegnere ambientale con un dottorato in idrologia, ha messo a punto il primo modello spaziale sulla diffusione del colera che tiene conto della distribuzione e del movimento delle persone e del trasporto idrologico, nel corso della sua attività di ricerca al politecnico Epfl di Losanna con la collaborazione di microbiologi ed epidemiologi specializzati sul Vibrio cholerae e i suoi effetti. Per seguire i movimenti dei senegalesi durante l’esplosione dell’epidemia nel 2005, infatti, ha incluso nel modello i dati sulla posizione di 150 mila telefoni cellulari, pubblicati anonimi dall’operatore Orange per una Data for development challenge, scoprendo che il principale imputato del contagio fu un raduno di milioni di pellegrini, che poi trasmisero la malattia nei propri villaggi d’origine. Il colera si diffonde attraverso l’acqua contaminata dal batterio, come scoprì il medico John Snow annotando su una mappa i luoghi dei decessi durante l’epidemia scoppiata a Londra nel 1854 e notando la corrispondenza con la posizione di fonti d’acqua contaminate. Ma a oltre 160 anni di distanza, resta alta l’attenzione sull’evoluzione delle epidemie e sulla prevenzione dei contagi, specialmente nei Paesi in via di sviluppo. “Il batterio si può diffondere attraverso i fiumi dopo che le piogge dilavano le latrine – spiega Bertuzzo – però non basta studiare l’idrologia per comprendere l’epidemia. Abbiamo dimostrato come sia possibile e cruciale osservare gli spostamenti e gli assembramenti delle persone e includere queste informazioni nel modello. I big data telefonici sono uno strumento senza precedenti per calcolare in modo dettagliato dove si sta dirigendo la malattia e formulare la migliore strategia di risposta“.