Nove anziani su dieci (87%) che vivono in residenze sanitarie assistite assumono da 1 a 4 farmaci al giorno che potenzialmente provocano disfagia. Dunque potrebbero avere difficoltà a ingerire cibi solidi o liquidi, rischiando la malnutrizione. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Irccs Istituto nazionale di riposo e cura per anziani (Inrca) presentato al VI Congresso europeo dei disturbi della deglutizione. “La disfagia comporta l’alterazione delle normali funzioni deglutitorie, interessa in genere il 20% delle persone sopra i 50 anni e dal 30 al 60% degli anziani che vivono in strutture residenziali o case di riposo – spiega Paolo Orlandoni, responsabile dell’Unità operativa di nutrizione clinica dell’Inrca – Riguarda l’area della cavità orale, oppure faringe o esofago e può essere causata dall’indebolimento dei muscoli dovuto all’invecchiamento o da malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, nonché da farmaci assunti in maniera continuativa (disfagia iatrogena) dagli anziani”. Con l’obiettivo di valutare il legame tra farmaci e disfagia, l’Inrca ha condotto un’indagine su 140 anziani all’interno di due residenze sanitarie assistite (Rsa) di Ancona per quattro mesi. Il campione, composto per l’80% da donne e dal 20% da uomini, presentava un’età media di 86 anni. Il 60% con patologie degenerative e il 93% con polipatologie e un tempo medio di permanenza in struttura di più di 400 giorni. Il 79% dei pazienti era in grado di nutrirsi in maniera indipendente, impiegando in medio 45-60 minuti per pasto. Nel corso dello studio sono stati valutati lo stato nutrizionale (peso e indice di massa corporea), la dieta seguita, l’eventuale presenza di disfagia, rilevata nel 34% dei casi, e il numero medio di farmaci assunti al giorno, risultato pari a 8, con picchi di 19 nei casi più gravi. Il 34% degli anziani risultava malnutrito, con un indice di massa corporea inferiore a 22 Kg/ m², mentre il 40% aveva registrato negli ultimi sei mesi una perdita di peso non intenzionale superiore al 5%. “Sono tre i meccanismi con cui i farmaci incidono negativamente sul processo deglutitorio – spiega Claudia Venturini, medico nutrizionista Inrca e coautrice dello studio – Il primo è l’effetto collaterale del farmaco, ad esempio di medicine che riducono la produzione di saliva (xerostomia), riscontrate nell’11% del campione e che contengono soprattutto cytalopram, metoclopramide, paroxetina e lisinopril, oppure di antipsicotici e neurolettici, assunti dal 25%, i cui principi attivi più comuni sono la quietapina, la clozapina, l’olanzapina, il risperidone e l’aloperidolo”. “Poi ci sono le complicanze dovute all’azione terapeutica: è il caso dei narcotici e degli antiepilettici che, agendo sul sistema nervoso centrale – prosegue – riducono vigilanza e attenzione, compromettendo la sicurezza del processo deglutitorio. Contengono generalmente ossicodone, fenobarbital, prednisone, clonazepam, diazepam, paracetamolo e codeina oppure morfina. Ne fa uso il 32% dei pazienti dello studio”. “Infine – osserva ancora – alcuni farmaci producono danni alla mucosa esofagea, come gli antinfiammatori non steroidei e i bifosfonati (ibuprofene e acido acetilsalicilico) o gli integratori di ferro o di potassio, usati dalle persone in età avanzata per lunghi periodi come nel trattamento dell’osteoporosi o per problemi cardiaci (riscontrati nel 29% dei pazienti)”. “Specialmente negli anziani soggetti a polifarmacoterapia – aggiunge Venturini – è importante quindi valutare periodicamente la funzionalità deglutitoria, in modo da intervenire ai primi sintomi di disfagia ed eventualmente sostituire un farmaco potenzialmente lesivo con un principio attivo meno dannoso, o addirittura sospenderlo se non strettamente necessario”.
Salute: per 9 anziani su 10 nelle RSA i farmaci sono una potenziale causa di disfagia
MeteoWeb