Agroalimentare: il carciofo, un gustoso “fiore nero”

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Versatile in cucina e benefico per le sue proprietà antiossidanti e depurative, il carciofo è presente sulle nostre tavole, grazie alle tante varietà presenti in tutta Italia, coltivabili da ottobre a giugno. Al nostro Paese – spiega Sandra Fiore nell’Almanacco della Scienza del CNR – spetta il primato della produzione mondiale, pari a 500 mila tonnellate, di cui il 35% in Puglia, il 32% in Sicilia, il 21% in Sardegna, il 7% in Campania e il 4% nel Lazio, su una superficie totale di circa 47.000 ettari. Ben 4 varietà con marchio comunitario sono concentrate nella zona centro-meridionale e insulare: il Brindisino Igp, quello di Paestum Igp, il romanesco del Lazio Igp e, infine, il famoso Spinoso di Sardegna Dop. Accanto a queste, ne esistono altre poco conosciute, coltivate in qualche orto familiare, preziosa fonte di biodiversità da salvaguardare e valorizzare.

“L’Italia è ricca di germoplasma di carciofo”, spiega Gabriella Sonnante dell’Istituto di bioscienze e biorisorse (Ibbr) del Cnr di Bari. “Le varietà, in base alla morfologia del capolino, l’infiorescenza immatura che mangiamo, sono state raggruppate in quattro tipologie principali facilmente riconoscibili: Spinosi, Catanesi, Romaneschi e Violetti e sono poi altre varietà che presentano caratteri intermedi o differenti quali il Carciofo nero del Salento che prende il nome dalle diverse località in cui è diffuso, ad esempio Nero di San Foca o Nero di Castrignano”. Simile a un fiore, ha il capolino con le brattee estroflesse, cioè rivolte verso l’esterno, caratterizzate da un’intensa colorazione viola scuro, grazie alla ricca presenza di pigmenti antocianici.

“Con il progetto BiodiverSO, che rientra nel Programma di sviluppo rurale della Regione Puglia, stiamo cercando di contrastare l’erosione genetica del patrimonio orticolo pugliese, di cui questa tipologia di carciofo è un esempio”, conclude Sonnante. “Le risorse a rischio vengono catalogate per conservarne il germoplasma e per tentare successivamente una reintroduzione delle varietà. La conservazione viene realizzata con modalità differenti: dalle collezioni di piante in campo, come per i carciofi, alle banche di semi mantenute ‘in doppio’ dall’Ibbr-Cnr e dall’Università di Bari, al materiale di propagazione mantenuto in vitro. Grazie a questo progetto, alcuni agricoltori sono diventati custodi di questo gustoso ortaggio oggetto di studio per i suoi effetti sulla nostra salute”.

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