Ghiacciai alpini in forte ritiro nelle ultime decadi. Secondo i dati contenuti nel nuovo Catasto dei ghiacciai italiani, la superficie dei ghiacciai italiani è passata dai 519 kmq del 1962 ai 609 kmq del 1989 agli attuali 368 kmq, pari al 40% in meno rispetto all’ultimo catasto. Contemporaneamente, oggi si contano 900 ghiacciai contro gli 824 del 1962 e i 1.381 del 1989, un aumento dovuto alla frammentazione che sta riducendo sistemi glaciali complessi in singoli ghiacciai più piccoli. Per fare un esempio concreto, utilizzando modelli di dinamica glaciale e gli scenari climatici forniti dall’Ipcc, alcuni studi sulla potenziale evoluzione futura (fino al 2100) del ghiacciaio dei Forni in Valtellina, il più grande ghiacciaio vallivo italiano, mostrano per il ghiacciaio, già in forte ritiro negli ultimi trent’anni, il potenziale per una fortissima ulteriore riduzione.
A forte rischio, entro questo secolo, anche i ghiacciai delle Ande Centrali. La regione di Santiago del Cile, nel cuore delle Ande cilene, dipendente dai deflussi del Rio Maipo a forte contributo nivo-glaciale, vedrà i suoi ghiacciai a rischio di forte restringimento (fino a -63% di superficie glaciale, secondo lo scenario più pessimistico dell’Ipcc) entro la fine del secolo, con larga contrazione delle nevi stagionali (fino a -40% di area nivale e risalita della snow line di anche 250 mt). In forte ritiro nelle ultime decadi, a causa dei cambiamenti climatici, i ghiacciai nella regione dell’Everest nepalese. Recenti simulazioni, mostrano la forte recessione del ghiacciaio del Khumbu. Inoltre, simulazioni di scenario preliminari basate su modelli climatici dell’Ipcc mostrano un potenziale rapido incremento della fusione del ghiacciaio del Khumbu verso metà secolo, con la scomparsa pressoché totale della ‘Khumbu ice fall’, la separazione della lingua di ablazione valliva dalla zona di alimentazione e la lenta scomparsa degli spessori glaciali sotto le spesse coltri di detrito. In risposta a tale contrazione glaciale, i deflussi fluviali nel Dudh Kosi diminuirebbero drasticamente. L’Himalaya del sud sembra quindi destinata a soffrire in maniera rilevante gli effetti dei cambiamenti climatici. Diversi studi si stanno focalizzando sulla cosidetta ‘anomalia del Karakoram’, i ghiacciai del Pakistan, che mostrano attualmente condizioni di sostanziale stabilità attribuita alla particolare situazione climatica locale.
Ricerche italiane, inoltre, mostrano la potenziale evoluzione di un’area glaciale nel cuore del Karakoram, ai piedi del K2, anche questa caratterizzata da una sostanziale stabilità per la prima metà del prossimo secolo. Tuttavia, in seguito tali ghiacciai potrebbero cominciare a restringersi in maniera sostanziale, perdendo gran parte del loro volume. La Karakoram anomaly potrebbe quindi scomparire verso a metà secolo. I regimi fluviali dell’alto bacino dell’Indo (Upper Indus Basin UIB), mostreranno più intensi fenomeni di piena estiva, con fusione nivale anticipata, più intensa fusione glaciale e maggiore violenza delle piene estive monsoniche, già osservata di recente in Pakistan, fino a metà secolo. Tuttavia, verso fine secolo, le coperture glaciali diminuirebbero largamente e le portate inizieranno a diminuire, verosimilmente portandosi a valori inferiori agli attuali all’inizio del prossimo secolo.