Sono davvero numerose le feste di primavera nel mondo, in occasione dell’equinozio di primavera. Tra le più suggestive, celebre è quella induista di Holi, detta “festa dei colori”, organizzata in primavera per celebrare il trionfo del bene sul male, un’occasione per la comunità di riunirsi. Durante questa festa le differenze di caste si annullano e migliaia di persone scendono in piazza cantando, ballando e gettandosi addosso polveri di pigmenti coloratissimi, misti ad acqua. La tradizione di riempirsi di colori è l’aspetto più caratteristico della festa di Holi e, come in altri parti, è legata al mondo del mito. Si narra, infatti, che il dio Krishna, che aveva la pelle scura, fosse invidioso di quella bianca della moglie Radha e per questo, un giorno, la dipinse con di colori. Da qui anche l’usanza delle coppie innamorate di sporcarsi a vicenda il viso come segno d’affetto.Nelle città di Barsana e Nandgaon, ha luogo la festa di Lath mar Holi, durante la quale ragazze e signore percuotono giocosamente gli uomini delle città con un bastone. Secondo la tradizione, il dio Krishna, quando fece visita all’amata Radha, derise lei e le sue amiche, al punto da essere cacciato. In quest’occasione le donne si riprendono la loro rivincita.
Attualmente in molti paesi del Medio Oriente, Asia Centrale, Turchia, Albania e in alcune repubbliche ex sovietiche si festeggia la festa di Nawruz o “nuovo giorno”, risalente all’antico Impero Persiano.Nel 487 a.C. l’imperatore persiano Dario fece celebrare Nawruz quando, quell’anno, il sole cadde esattamente al centro dell’osservatorio astronomico del palazzo; evento visto come segno di buon auspicio per il regno, tanto che l’equinozio di primavera segna oggi l’apertura delle celebrazioni che si protraggono per 13 giorni, in cui ha inizio la rinascita. Durante questo periodo le case vengono pulite, la biancheria viene lavata e riordinata, le cose vecchie buttate per far posto alle nuove, ci si apre alla riconciliazione, facendo pace con chi si è litigato, saldando i debiti, perdonando… in una sorta di “carpe diem” che avviene unasola volta anno.A Chichen Itza, nello Yucatan, si ripete lo spettacolo del tempio Maya di Kukulkan. Al tramonto, sulla scalinata nord, si disegna una trama di luci e ombre che creano l’immagine di un grande serpente piumato, creata da triangoli invertiti sotto la luce che cade giù dai gradoni della piramide.
In Giappone di forte attrattiva è la festa dell’Hanami, una tradizione antichissima risalente alla dinastia cinese Tang, che durante il periodo Nara (710/794) portò in Giappone diverse tradizioni e costumi, tra cui quello di godere della bellezza dei fiori di primavera. Fu allora che il termine Hanami divenne sinonimo di “ammirazione dei fiori di ciliegio”. Per i giapponesi, infatti, l’inverno che se ne va non è un semplice evento meteorologico ma è sinonimo di rinascita, della bellezza della vita. Così, sotto gli alberi fioriti di ciliegio, amano consumare pic-nic a base di sushi, birra e sale. La festa continua la notte, quando Hanami cambia nome, divenendo Yozakura, “la notte del ciliegio”. Il ciliegio con la sua morbidezza, la fugacità della vita, è per i giapponesi simbolo di fragilità e rinascita.In Cina è tempo del festival Qingming (Giorno puro e luminoso), celebrato il 5 aprile, che è un’importante festa nazionale. In questo giorno i cari puliscono le tombe e i tumuli dei loro defunti, facendo ad essi offerte di vino, riso, frutta, panini al vapore e altri cibi preferiti dai morti. Elementi immancabili del festival sono gli aquiloni, legati a piccole lanterne colorate in modo che appaiano come stelle. Si crede che tagliare la corda agli aquiloni porti fortuna, allontanando le malattie.
Nella penisola indonesiana, a Bali, si festeggia il Nyepi Day, il Giorno del silenzio che chiude l’anno animista/induista. Per l’occasione vengono realizzate gigantesche maschere in cartapesta e bambù, rappresentanti le divinità Dewa e i demoni Butha Kala, spiriti maligni da scacciare per propiziare il passaggio dalla giovinezza all’età adulta.Durante il Nyepi Day niente luci, gente per strada, negozi aperti, ritenendo che questi accorgimenti possano ingannare i demoni, facendo loro credere che l’isola sia disabitata.Il giorno seguente, però, essa riprendere vita, con danze, musiche la processione di Ogoh Ogoh in cui i fantocci sono portati in spiaggia e bruciati come omaggio agli dei, ricevendo serenità, armonia e una benedizione per il nuovo anno. In Bulgaria una delle feste più importanti è il Kukeri, di solito a fine marzo, cui partecipano solo uomini, che indossano vestiti di pecora e campane di rame appese alle cinture. Ci si raduna ballando e cantando, per spaventare gli spiriti maligni “invernali”.A inizio marzo invece, ricorre Baba Marta (Nonna Marzolina) che porta con sé la fine del freddo inverno e l’inizio della primavera.
Durante la prima settimana di marzo è tradizione, in Bulgaria, scambiarsi martenitza, semplici fili rossi e bianchi, nappe, bracciali o bambole di stoffa, lana o cotone. Si tratta di talismani per la buona salute e la lunga vita, da indossare sul lato sinistro (dove c’e’ il cuore) o come un bracciale, sul braccio sinistro.Si indossano fino a quando si vede il primo segno dell’arrivo della primavera ( una cicogna, una rondine o un albero in fiore ) e poi,non oltre il 1º aprile, si appendono su un albero o si mettono sotto una pietra, esprimendo un desiderio. A Praga,invece, è tempio della fiera di San Matteo, “colui che rompe il ghiaccio”, apostolo che chiude le porte dell’inverno per spalancarle alla primavera. Tra le più antiche fiere d’Europa, essa raduna decine di giostre e una mostra di pesci esotici, squali, anemoni, coralli, chiamata “Sea World”.
In Spagna, a Valentia, da non perdere le Fallas: grandi e piccoli monumenti di cartapesta vengono sparsi per le vie, pronti ad essere divorati dalle fiamme. Dopo mesi di lavoro per realizzarli, questi imponenti manufatti allegorici che ritraggono scene e problemi di vita quotidiana, vengono bruciati nelle piazze della città spagnola, risparmiando unicamente la creazione che ha ottenuto un maggior numero di preferenze da parte di un’apposita giuria. Secondo la teoria più accreditata, l’evento è stato costruito secondo la vecchia usanza dei falegnami di celebrare il loro patrono, San Giuseppe: proprio il 19 marzo, per poterlo celebrare, i falegnami mettevano in strada il parot, un lampadario sostenuto da un palo, a mò di candelabro, dandogli fuoco, assieme ad altri resti di legno, accumulati durante il lavoro invernale. Col tempo, ai falò si aggiunsero sempre più cose inutili o inutilizzabili, fino ad arrivare a vestire il parot per dargli parvenza umana, raffigurando la persona che si voleva criticare o deridere. Anche grazie all’apporto del vicinato, si è arrivati a ricreare piccole scene ed il ninot (“pupazzo”).