I giapponesi sono molto sensibili ai ritmi della natura e al cambio delle stagioni. Per questo popolo l’ingresso nella primavera rappresenta in particolare un momento che gli abitanti dell’Arcipelago commemorano da almeno tredici secoli ed è stata designata festa nazionale dallo stesso Stato. Lo “Shunbun no hi” (“Giorno dell’equinozio di primavera”) cade ogni anno il 20 o il 21 marzo (quest’anno il 20) ed è festa nazionale nel 1948, dando continuità a una festività dello “shintoismo di stato”, ripulita tuttavia dal suo significato religioso, compromesso dalle colpe coloniali e belliche. Il Giorno dell’equinozio rappresenta pertanto il culmine di un’intera settimana di celebrazioni – “Haru no higan” – sempre dedicata all’avvento della primavera.
L’origine della ricorrenza è collocata solitamente attorno all’VIII secolo e nasce dall’esigenza della corte imperiale, e dell’Imperatore in particolare, di regolare i ritmi dell’agricoltura attraverso una scansione del tempio. La figura imperiale e il calendario (“koyomi”), che in Giappone era tradizionalmente una variante del calendario lunare cinese ma oggi è sostituito dal calendario gregoriano, sono strettamente interconnessi. I giorni dell’equinozio di primavera sono solitamente occasione, per i giapponesi, di visita ai luoghi d’origine a alle tombe delle famiglie, che vengono accuratamente ripulite e spesso munite di offerte, in particolare dolci “mochi” (polpettine di pasta di riso solitamente pieni di fagili rossi dolci azuki). Nelle aree rurali si susseguono cerimonie per propiziare un ricco raccolto. Il fiore della primavera è, ovviamento, il fiore di ciliegio, che nella cultura tradizionale nipponico ha una forte risonanza. Solitamente i media dedicano molta attenzione a dare le giuste indicazioni, zona per zona, con previsioni sia meteorologiche sia sui tempi di fioritura. I giapponesi sono soliti organizzare grandi picnic sotto gli alberi di ciliegio per ammirarne la fioritura.