L’8 marzo 1945 Luigi Longo, vicesegretario del P.C.I, nonché responsabile delle donne iscritte a tale partito, chiese ad un gruppo di partigiane quale potesse essere il fiore da distribuire per celebrare quella ricorrenza, in analogia con quanto con quanto avveniva in Francia, dove si distribuivano mughetti e violette alle compagne in quella data. Le socialiste indicavano l’orchidea ma Teresa Mattei, che da lì a un anno sarebbe diventata una delle 21 donne entrate a far parte dell’Assemblea Costituente, consapevole dei costi dei fiori individuati come potenziale scelta e delle loro difficoltà di reperimento nelle località italiane, si inventò una leggenda cinese, inesistente, che raccontava come la mimosa rappresentasse il calore della famiglia e la gentilezza femminile.
La mimosa sembra un fiore fragile, ma in realtà la sua grande forza risiede nella capacità di attecchire anche in terreni difficili… una duplice caratteristica della pianta che rispecchia i caratteri femminili dato che la donna, seppur soprannominata “sesso debole”, è capace di grande determinazione per raggiungere grandi obiettivi della vita privata e lavorativa. Sull’etimologia della parola non c’è un’unanimità di vedute: per alcuni risale al latino “ mimus” (mimo) o da “mimesis” (imitazione) poichè alcune specie, quando si contraggono, sembrano interpretare con la stessa intensità le smorfie dei mimi quando simulano il sentimento della vergogna; un chiaro riferimento alla vasta gamma di espressioni ed emozioni delle donne. Per i più, però, la tesi più credibile intravede una radice spagnola, lingua in cui “mimar” significa “accarezzare”; da qui il facile collegamento all’universo femminile e alla sua sensibilità. Quella che chiamiamo mimosa è un’acacia, parola che deriva dal greco”a-cachia” , “senza negatività, senza macchia”, quindi “candore”; per la precisione si tratta dell’Acacia dealbata (acacia non bianca), ma gialla, per cui il nome della pianta diventa “candore non bianco”; un ossimoro che sintetizza splendidamente le condizioni della donna, che non può essere imprigionata nel ruolo della Madonna, della Virtù a tutti i costi. Secondo un’altra etimologia, “acacia” proviene dal greco “akos” , “acuminato”, che allude alle spine possedute da molti tipi di acacie.
Gli Indiani d’America erano soliti regalare un mazzetto di mimose quando decidevano di dichiarare il loro amore alla ragazza prescelta; mentre le fanciulle inglesi meno carine erano solite appuntarsene un rametto alle giacche o alle camicette per accentuare la loro femminilità. Per la Massoneria, invece, la mimosa era l’emblema della forza mista alla gentilezza. Gli Aborigeni australiani attribuivano alle mimose proprietà curative e pare che in alcune tribù la mimosa fosse l’ingrediente principale di uno speciale decotto contro diarrea, malattie veneree, nausea e disturbi nervosi. Si tratta di una delle rare piante presenti in natura che manifesta il fenomeno della “nastic osmosi”, dei movimenti che si possono cogliere anche a occhio nudo, provocati dal flusso di acqua entrante e uscente dalle cellule della pianta”. Le giraffe sono talmente ghiotte di mimose, da ingugitarne fino a 66 kg. al giorno. Le mimose ci deliziano il giardino proprio in questo periodo, essendo tra le prime piante a fiorire, riempiendo di profumo l’aria, oltre a non passare di certo inosservate per via dei loro fiori piumosi, che danno un tocco di sole, energia e allegria. Arrivata in Europa circa 200 anni fa, proveniente dalla lontana Australia, più precisamente dalla Tasmania, la mimosa non ha solo un’indiscussa bellezza e un carattere puramente ornamentale, ma è usata in medicina, indicata per le diete, dato che i componenti in essa contenuti riducono il senso di fame ed i suoi decotti sono efficaci contro i sintomi delle malattie veneree, ma anche contro nausea e diarrea.
L’Acacia dealbata, però, deve gran parte della sua importanza medicamentosa agli oli essenziali, estratti dai fiori attraverso un procedimento che si avvale dell’uso di solventi. Essi hanno proprietà antisettiche e astringenti e, applicati sulla pelle, oltre a donare una speciale sensazione di rilassamento, inibiscono lo sviluppo dei batteri patogeni, la detergono e purificano, riducendo la comparsa dei pori dilatati tipici delle pelli grasse. Per via della presenza di composti organici (idrocarburi, aldeidi, acidi grassi e fenoli), gli oli essenziali di mimosa, opportunamente diluiti, possono essere impiegati a scopo terapeutico per curare stati d’ansia, stress, tensione nervosa e usati in aromaterapia per il benessere e la cura del corpo. Miscelati con quelli di jojoba, lavanda, ylang ylang, balsamo del Perù, citronella, benzoino, cassa, olio di fiori di viola inglese, trovano largo impiego nell’industria cosmetica per produrre prodotti per massaggi e wellness. Questi sono solo alcuni dei tanti motivi per cui farci regalare un bel mazzo di mimose non solo in occasione della Festa della Donna! L’essenza floreale di mimosa è indicata per persone timide, introverse, chiuse in sé stesse, che si isolano dagli altri. Facilita l’apertura verso gli altri e verso il mondo, pertanto è consigliabile nei periodi di depressione, sconforto, solitudine e senso di abbandono.