“Unirsi per mettere fine alla tubercolosi”, senza “lasciare indietro nessuno”. Si celebra oggi con questo slogan la Giornata mondiale della tubercolosi, fra le prime 10 cause di morte nel pianeta secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. Nel 2015 i casi stimati sono stati 10,4 milioni, con 1,8 milioni di morti: quasi 5 mila al giorno, pur in calo del 22% rispetto al 2000. Sempre nel 2015 in Italia sono state segnalate 3.769 infezioni, in aumento del 20% sul 2014, per il 60% in cittadini stranieri. In occasione del World Tb Day lanciano un appello all’unione di “più forze, sanitarie, economiche e politiche”, anche i microbiologi dell’Amcli. Allearsi, dicono, è indispensabile “per debellare una malattia favorita da povertà e miseria”. L’emergenza riguarda soprattutto la ‘super Tbc’ resistente ai farmaci. Secondo il report 2016 dell’Oms, nel 2015 la stima è di 480 mila nuovi casi di infezione multiresistente (invulnerabile a più trattamenti), ai quali si aggiungono altri 100 mila casi di tubercolosi resistente all’antibiotico rifampicina. “E’ evidente che esistono 2 forme di Tbc – spiega l’Associazione microbiologi clinici italiani – una sensibile e l’altra resistente ai farmaci. La prima è facilmente curabile con un trattamento di pochi mesi, estremamente economico. La terapia della seconda è lunga anche anni, non priva di effetti collaterali e costosa. Inoltre, nonostante la disponibilità di 2 nuovi farmaci recentemente sintetizzati (delamanid e bedaquilina), la proporzione dei fallimenti terapeutici rimane elevata. Ragion per cui ancora oggi, anche in presenza di sussidi terapeutici, si può morire di tubercolosi”. “Diversamente da ciò che molti credono – ammonisce l’Amcli – la tubercolosi è ancora oggi la malattia infettiva che miete il più alto numero di vittime”, più di Hiv e malaria come riporta l’Oms. “Nessun Paese può ritenersi immune – avvertono gli esperti – Ogni anno si ammalano nel mondo oltre 10 milioni di persone, ed è impressionante che soltanto poco più della metà abbia accesso a diagnosi e cura per situazioni disastrate di povertà, di guerra e di disordini politici ed economici”. “In Italia, come in tutti i Paesi a bassa endemia tubercolare – evidenziano i microbiologi – i casi di tubercolosi si concentrano soprattutto nelle grandi città. Più della metà riguardano pazienti non nati in Italia e le resistenze ai farmaci sono particolarmente frequenti nei cittadini originari dei Paesi della ex Unione Sovietica”. Il primo passo è stanare la malattia: “La diagnosi rapida dei nuovi casi è di fondamentale importanza per prevenire la diffusione della malattia – afferma Pierangelo Clerici, presidente Amcli e direttore dell’Unità operativa di Microbiologia dell’Asst Ovest Milanese – Per conseguire tale obiettivo, una collaudata rete di laboratori Amcli si avvale delle più moderne tecniche diagnostiche, inclusa la biologia molecolare. I laboratori collaborano alla notifica dei nuovi casi, e forniscono all’Istituto superiore di sanità dati attendibili su incidenza e farmaco-resistenza”. Oggi, confermano gli esperti italiani, “nuove prospettive sono aperte dalla possibilità di sequenziare a costi sostenibili interi genomi del micobatterio tubercolare. Il ricorso a questi approcci permette di rilevarne, con largo anticipo rispetto alle metodiche tradizionali, l’intero pattern di resistenza ai farmaci, permettendo una terapia tempestiva e corretta”. E la prevenzione? Precisa Enrico Tortoli, coordinatore del Gruppo di lavoro micobatteri dell’Amcli: “Trattandosi di un’infezione aerogena, il contagio non può essere prevenuto – I comportamenti utili a prevenirlo sono infatti applicabili solo quando si è a conoscenza della condizione di malato di uno o più persone con cui abbiamo occasioni di contatto”. La Giornata mondiale della Tbc si celebra ogni anno il 24 marzo in onore di Robert Koch, medico tedesco che proprio la sera del 24 marzo 1882 annunciò al mondo la scoperta del bacillo responsabile la più grave malattia della storia.