Sanità: studio valuta linee guida, serve un cambio di rotta

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Linee guida, serve un cambio di rotta per mettere ordine al caos attuale, soprattutto all’indomani dell’approvazione del Ddl sulla responsabilità professionale: attualmente quelle prodotte dalle società scientifiche potenzialmente utilizzabili, sono un numero esiguo e riguardano poche aree clinico-assistenziali. E’ quanto emerge dai risultati preliminari di una ricerca finanziata con la borsa di studio ‘Gioacchino Cartabellotta’ promossa dalla Fondazione Gimbe e condotta da un giovane ricercatore dell’Università di Messina, Antonio Simone Laganà, sotto l’egida dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e del Guideline International Network (Gin), rete internazionale di 107 organizzazioni che mettono a punto linee guida in 46 Paesi. “Abbiamo deciso di promuovere e finanziare lo studio ‘Linee guida per la pratica clinica in Italia: qualità metodologica e gestione dei conflitti di interesse’ per fornire alle Istituzioni – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – un quadro oggettivo sul numero delle linee guida prodotte in Italia da società scientifiche, istituzioni nazionali e regionali e organizzazioni private e sulla loro qualità, verificando l’aderenza agli standard Gin sulle metodologie di produzione e sulla governance dei conflitti di interesse”. Lo studio, presentato alla XII conferenza Gimbe di Bologna, in questa prima fase ha valutato, esclusivamente sul web, linee guida prodotte dalle società scientifiche. Delle 403 società identificate, quasi l’80% (322) non era eleggibile per varie ragioni: mancanza di sito web (6), assenza di una pagina web dedicata alle linee guida (289), pagina delle linee guida ad accesso riservato (14), link ad altri produttori internazionali (13). Dei 712 documenti censiti, 359 (50,4%) sono stati identificati come vere e proprie linee guida. Ma di queste, solo 75 (21%) sono state incluse nella valutazione finale, in quanto pubblicate negli ultimi due anni, tempo limite della loro sopravvivenza. Hanno superato l’esame? La loro qualità metodologica, valutata con i criteri Gin, è risultata complessivamente accettabile. Meno la trasparenza: la disclosure sui conflitti di interesse è presente solo nel solo il 17% dei casi. Da rilevare, infine, che 42 sulle 75 linee guida incluse nella valutazione finale, sono state prodotte da 2 sole società scientifiche che dispongono di un manuale metodologico, a riprova del fatto che le poche società che seguono metodi adeguati producono risultati eccellenti, evidenziano gli esperti. “I prossimi step dello studio – annuncia Cartabellotta – prevedono la valutazione di linee guida prodotte da istituzioni nazionali e regionali e altre organizzazioni private, l’analisi per sottogruppi e l’invio di una comunicazione a tutti i presidenti delle società scientifiche per validare i risultati relativi alle linee guida identificate e suggerire di rendere libero l’accesso alle pagine” in questione. Intanto, per Gimbe, “i risultati dello studio dimostrano che i criteri previsti dell’articolo 5 della legge sulla responsabilità professionale sono necessari per ‘accreditare’ i produttori, ma non sufficienti a garantire documenti di buona qualità”. “Considerato che le linee guida si apprestano a diventare uno strumento di riferimento per valutare la responsabilità professionale – conclude Cartabellotta – è indifferibile un cambio di rotta sul processo di produzione. In particolare, serve una governance nazionale dell’Istituto superiore di sanità per definire le priorità, evitare duplicazioni, favorire la produzione di linee guida multiprofessionali-multidisciplinari, standardizzare i criteri di qualità metodologica e definire le modalità di gestione dei conflitti di interesse. In ogni caso, è indispensabile preservare il ruolo principale delle linee guida – sottolinea – ovvero raccomandazioni a supporto delle decisioni cliniche, evitando un loro utilizzo rigido e strumentale esclusivamente a fini medico-legali”.

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