Sulla variabilità naturale potrebbe ricadere la metà della responsabilità per il rapido declino del ghiaccio marino artico. Lo afferma uno studio guidato dall’università della California a Santa Barbara, che ha voluto quantificare le ‘colpe’ dell’uomo e della natura sullo scioglimento dell’Artico. La variabilità naturale risulta infatti responsabile per il 30-50% della perdita di banchisa artica, nel mese di settembre, dal 1979. Secondo la ricerca, i cambiamenti nella circolazione atmosferica, legati sopratutto alla variabilità interna naturale, influenzano l’estensione del ghiaccio marino estivo. Più precisamente gli esperti hanno preso in esame i tre fattori che riguardano la circolazione atmosferica e quindi il ghiaccio marino – temperatura, umidità e radiazione entrante a onda lunga – al fine di comprendere come la circolazione tra giugno ed agosto incida sull’estensione del ghiaccio a settembre.
Secondo i risultati, i cambiamenti nella circolazione possono contribuire per il 60% al declino dell’area della banchisa. Come passo successivo, gli autori si sono concentrati sulle cause – naturali o antropiche – dei cambiamenti nella circolazione atmosferica, attribuendone il 70% alla variabilita’ interna naturale. “I cambiamenti recenti nella banchisa artica sono dovuti a due fattori principali: una perdita complessiva a lungo termine di ghiaccio marino in risposta a forzanti esterne come l’aumento dei gas serra, e cambiamenti casuali di breve termine attribuibili alla variabilita’ climatica interna”, osservano i ricercatori, sottolineando che “i risultati dello studio non mettono in discussione il fatto che il riscaldamento indotto dall’uomo abbia portato a un declino del ghiaccio marino: un’ampia gamma di evidenze dimostra che lo ha fatto”.Il punto, evidenziano, e’ che la banchisa e’ meno sensibile all’uomo rispetto a una posizione che attribuisce a cause antropogeniche tutta la perdita di ghiaccio finora osservata.