“E’ stata una decisione sofferta e ponderata sentendo tutti all’interno della procura, ma alla fine abbiamo deciso di chiedere l’intervento del tribunale per i minorenni”. Il capo della procura per i minorenni Ciro Cascone descrive così all’AdnKronos Salute la scelta di investire il tribunale per i minorenni di Milano del caso di una bimba di 3 anni, affetta da un grave tumore al cervello – un glioblastoma – che i genitori, interrompendo una terapia predisposta dai medici italiani che stava dando risultati, volevano portare all’estero per tentare un’altra strada. I giudici hanno vietato l’espatrio della piccola e predisposto un approfondimento tecnico, affidando una consulenza a un esperto di Bologna, che è in corso e dovrebbe dare i suoi esiti forse già a metà marzo. Tutto comincia a fine gennaio quando l’Istituto nazionale tumori (Int) del capoluogo lombardo, che ha seguito la bambina, fa partire la segnalazione. “I genitori della piccola – spiega Cascone – sicuramente in perfetta buona fede e mossi dalle migliori intenzioni, e informando nella massima trasparenza l’ospedale dei consulti alternativi richiesti all’estero, comunicano alla struttura milanese la decisione di interrompere la chemioterapia iniziata a luglio”. Il trattamento, secondo i medici di via Venezian, “stava avendo buoni risultati”, ricostruisce il pm. Si era fermata la progressione del tumore, senza effetti collaterali. “Per l’ospedale il miglior approccio è questo”, precisa Cascone. Ma i genitori sono decisi a seguire un’altra via, proposta da un professore israeliano, Shlomi Constantini. “Lo specialista sottopone la bimba a una biopsia e l’aspetto preoccupante è che l’Int cerca di capire quale trattamento si vuole fare, ma non riesce ad avere informazioni precise, risulta tutto molto generico e nebuloso e sicuramente si prospetta una terapia non validata scientificamente per quel caso. Il ragionamento degli esperti è che in un caso così grave non si lascia la terapia di prima linea, se funziona, per passare a un’altra. Questo cambio non risulta giustificato scientificamente. Davanti a questa consapevolezza l’ospedale si è sentito vincolato a segnalarci il caso”. Il dubbio che si pone, chiarisce Cascone, “è che i genitori affranti, forse attratti dalla speranza di poter fare qualcosa altrove, possano aver perso consapevolezza di quello che andavano a fare. Ognuno è senz’altro libero di curarsi come meglio crede, ma si può valutare se le scelte di un genitore siano rispondenti all’interesse del figlio”. Nel frattempo, proprio nei giorni in cui era stata programmata la partenza per Tel Aviv – intorno a metà febbraio – la piccola “ha avuto un peggioramento e non sarebbe stata comunque in condizioni di viaggiare. E’ stata dunque ricoverata in un altro ospedale italiano. Spero con tutto il cuore che si riesca a recuperare il tempo perduto”, riflette il pm.
Tumori: no all’espatrio per bimba malata, i genitori volevano curarla all’estero
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