“Non una cura contro l’altra. Ma la preoccupazione che fossero state interrotte le terapie”. E’ questa – spiega all’AdnKronos Salute l’oncologa pediatra Michela Casanova, responsabile dei nuovi farmaci nell’Oncologia pediatrica dell’Istituto nazionale tumori (Int) di Milano – la molla che ha fatto scattare la segnalazione dell’Irccs di via Venezian alla procura per i minorenni nel caso di una bimba malata di tumore (glioblastoma) seguita dal centro. I giudici del tribunale per i minorenni del capoluogo lombardo, investiti della questione, hanno fermato il trasferimento della piccola a Tel Aviv, dove i genitori volevano tentare un’altra strada prospettata da uno specialista israeliano interrompendo la terapia avviata in Italia, e hanno predisposto un approfondimento tecnico che è in corso. “Io faccio il lavoro di oncologa pediatra da molti anni – sottolinea Casanova – e la nostra esperienza è che capitano situazioni di difficoltà per le famiglie nel decidere il percorso terapeutico da far seguire ai propri figli colpiti da un tumore. Il nostro compito è guidarle con il dialogo, soprattutto nelle situazioni più complicate. Questi problemi il più delle volte si risolvono proprio con dialoghi ripetuti. Ma esiste un dovere istituzionale, nei casi in cui c’è l’impressione che la difficoltà emotiva della famiglia non sia nell’interesse del bambino, di tutelare sempre il minore. Un adulto informato può prendere decisioni liberamente, un minore è da tutelare a ogni costo”. Ecco il perché della segnalazione. “Il concetto è non quello di una cura verso l’altra, ma la preoccupazione che fossero state interrotte le cure – ribadisce Casanova – Ci sono dei casi in cui una stazionalità di malattia non è un successo e dei casi in cui lo è. Per quanto riguarda l’aspetto della ricerca scientifica, per i tumori pediatrici ci sono regole molto precise su cui bisogna essere molto attenti e rigorosi. Regole molto precise nell’individuare quando e come terapie sperimentali debbano essere proposte, rispetto a terapie convenzionali di prima linea, fatte da comitati etici ed enti regolatori che hanno come primo obiettivo tutelare minori e famiglie. Si impone quindi il rispetto di una certa sequenza nel proporre le cure ed è fatto nell’interesse di difendere i bambini”. Il metodo scientifico, incalza Casanova, “è rigoroso e le regole ci sono non per vietare di fare qualcosa, ma per fare una buona ricerca. E tutti i vari protocolli discussi con i comitati etici vengono fatti secondo regole precise per evitare l’improvvisazione e la possibilità di fare cure non condivise dalla comunità scientifica. E’ una regola alcune volte molto faticosa. Già in passato c’è stato entusiasmo per cure diverse, ma le regole sono fatte per evitare la soggettività e l’interpretazione e vanno rispettate. La libertà di cura è un diritto. Il problema – conclude l’oncologa – è quello di essere sicuri di offrire sempre la cosa migliore al minore, che non ha la capacità di giudizio di un adulto”.
Tumori, oncologa: il caso della bimba segnalato per timori di stop alle cure
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