“Senza il coraggio e il sacrificio dei partigiani avremmo riavuto la libertà, con la sconfitta del nazifascismo, ma non la dignità e l’onore. Li muoveva l’amore per la libertà, per la Patria, la voglia di un futuro migliore. Dall’intensità di quei giorni, di quelle sofferenze, di quelle speranze, i pensieri, i sentimenti e le parole emergono in forma più pura e colpiscono ancora oggi“. Lo afferma Ermete Realacci, presidente della VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati, sulla Festa della Liberazione del 25 aprile. “Penso a Pietro Benedetti – aggiunge Realacci – un ebanista comunista arrestato e fucilato a Roma nel ’44. Questo è il brano, struggente e bellissimo, di una lettera inviata alla moglie durante la prigionia: ‘Vi sono nel mondo due modi di sentire la vita. Uno come attori, l’altro come spettatori. Io, senza volerlo, mi sono sempre trovato fra gli attori. Sempre fra quelli che conoscono più la parola dovere che quella diritto. Non per niente costruiamo letti perché ci dormano su gli altri. Tutta la mia educazione, fin da ragazzo, mi portava a farmi comportare così. Ed anche ora, di fronte allo scempio della Patria, dei nostri focolari, delle nostre famiglie, io sentivo che era da codardi stare inerti e passivi. Ma forse con ciò calpestavo i miei doveri verso la famiglia? No, perché la causa che avevo sposata altro non era che quella dei nostri figli e delle nostre famiglie. Non sappiamo cosa sarà l’avvenire che io comunque già sento più bello, più buono del triste presente, di questo terribile oltraggio all’umanità. Ma qualunque esso sia e io dovessi essere inghiottito da questo vortice tremendo, che annienta uomini e cose, di fronte al giudizio dei miei figli, preferisco essere il padre che ha risposto all’appello del dovere, anziché il codardo che se ne sottrae. Pietro Benedetti’“.