Agroalimentare: gusto, quando la scelta ce la indica un vermetto

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Il gusto è il primo senso a svilupparsi nei neonati. In ogni individuo – spiega Marina Landolfi nell’Almanacco della Scienza del CNR – la percezione dei cinque sapori fondamentali (dolce, amaro, acido, salato, umami) è legata ai recettori specializzati sparsi in zone diverse della lingua. Anche saper distinguere tra cibo desiderabile e cibo potenzialmente pericoloso è però una capacità fondamentale per sopravvivere, che tutti gli organismi, incluso l’uomo, devono possedere. Secondo gli studiosi, la capacità di riconoscere istintivamente gli alimenti commestibili risale alla preistoria: l’uomo sarebbe dotato di una memoria genetica, costruita durante l’evoluzione, che gli consente di riconoscere cosa gli fa bene e cosa gli fa male. La nostra capacità di percepire, riconoscere e scegliere i cibi dipende però, oltre che da questa eredità genetica, anche da variabili fisiologiche e dall’esperienza.

Un contributo per capire come gli animali individuino il cibo e lo distinguano da altri stimoli presenti nell’ambiente e come funzionino le cellule responsabili di queste risposte è stato dato dal nematode Caenorhabditis elegans (C. elegans), un verme lungo un millimetro, utilizzato per molteplici studi grazie alla sua versatilità sperimentale.

“Gli studi su C. elegans hanno contribuito a farci comprendere come gli animali distinguano gli alimenti appetibili da quelli potenzialmente pericolosi e a farci individuare le molecole e i recettori responsabili di queste scelte”, spiega Elia Di Schiavi, dell’Istituto di bioscienze e biorisorse (Ibbr) del Cnr. “C. elegans è un nematode non parassita e si ciba di batteri che localizza nel suolo, seguendo segnali chimici. Non avendo occhi, usa il senso dell’olfatto per riconoscere le sostanze volatili e quello del gusto per le sostanze solubili che incontra nel suo cammino”.

I meccanismi fondamentali del gusto sono stati conservati dall’evoluzione. “Molte sostanze che i vermi riconoscono come repellenti, vengono percepite dall’uomo come amare”, prosegue il ricercatore. “Molte di queste molecole amare sono anche tossiche e per questo motivo vengono evitate da tutti gli organismi. La loro percezione è mediata, infatti, dalla stessa famiglia di recettori del gusto”.

C. elegans presenta due distinti meccanismi per evitare fonti nocive, inclusi i batteri tossici. “Un meccanismo consente al verme di rilevare i segnali tossici repellenti e di allontanarsene immediatamente; l’altro induce un processo di apprendimento associativo, che lo porta a evitare gli stessi stimoli negli incontri successivi”, conclude Di Schiavi. “Quindi, come succede per gli uomini, alcune sostanze sono riconosciute come non commestibili da subito, mentre per altre entra in gioco l’esperienza, con cui un animale distingue i batteri di buona qualità da quelli tossici”.

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