La caldera dei Campi Flegrei, uno dei sistemi vulcanici a più alto rischio al mondo sia per le caratteristiche eruttive sia per l’alta densità di popolazione al suo interno, ha manifestato, negli ultimi decenni, un’attività legata al sistema idrotermale e a movimenti magmatici profondi. È quanto emerge dallo studio Noise-based seismic monitoring of the Campi Flegrei caldera, condotto dalle sezioni di Bologna e Napoli-Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), pubblicato su Geophysical Research Letters (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2016GL072477/full).
“L’attività dei Campi Flegrei” spiega Lucia Zaccarelli, ricercatrice INGV della sezione di Bologna, “è caratterizzata da fenomeni bradisismici connotati da un lento e progressivo abbassamento del terreno, intervallato da più veloci innalzamenti, questi ultimi accompagnati da sciami sismici di bassa energia; non si registra alcuna attività sismica al di fuori di questi brevi episodi in cui il movimento del suolo si inverte.
Da qui l’idea di monitorare i Campi Flegrei analizzando il rumore sismico ambientale (oscillazioni del terreno causate dalle onde oceaniche che si registrano sempre e ovunque).
Questo tipo di monitoraggio, utilizzato in precedenti studi a La Réunion – vulcano Piton de la Fournaise, ha evidenziato la presenza di variazioni di velocità sismica nel periodo antecedente l’occorrenza delle eruzioni.
In questo caso è stato applicato per la prima volta alla caldera dei Campi Flegrei, in unrest (a un livello di allerta di “attenzione” dal dicembre del 2012), con l’obiettivo di identificare le variazioni di velocità sismica causate dall’attività idrotermale o da possibili movimenti magmatici profondi.
“I risultati ottenuti hanno permesso di identificare due tipi di variazioni significative: una di breve durata e la seconda, invece, di lungo termine che caratterizza tutti i 5 anni analizzati (2010-2014). Tramite il confronto con le serie temporali dei parametri geofisici e geochimici rilevati costantemente ai Campi Flegrei, siamo riusciti a interpretare queste variazioni in termini di un movimento magmatico profondo e di un progressivo ma costante riscaldamento del sistema idrotermale, rispettivamente”.
Al di là del risultato scientifico “questo lavoro dimostra la grande capacità risolutiva del metodo di indagine utilizzato che si conferma in grado di rilevare anche le deboli variazioni dei parametri crostali in corso ai Campi Flegrei, probabilmente anche grazie alla presenza di un sistema idrotermale attivo che amplifica le perturbazioni avvenute in profondità. Ciò contribuisce in maniera efficace al dibattito scientifico relativo alla natura della fase di unrest attualmente osservata ai Campi Flegrei, con risvolti importanti ai fini del monitoraggio vulcanico dell’area ”, conclude Francesca Bianco, direttore dell’Osservatorio Vesuviano INGV.
La ricerca realizzata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile. Si ricorda che dal dicembre 2012 i Campi Flegrei, che vengono continuamente monitorati e studiati da INGV, sono a livello di allerta “giallo” (attenzione).