L’esperimento GERDA ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) ha raggiunto un importantissimo traguardo scientifico: è il primo e il solo esperimento che può vantarsi del titolo di esperimento “privo di fondo” nello studio del rarissimo e ancora mai osservato decadimento doppio beta senza emissione di neutrini. GERDA, infatti, per l’intera durata della presa dati, circa 3 anni, non dovrebbe registrare alcun evento di fondo nell’intervallo di ricerca fissato dalla risoluzione energetica dei rivelatori. Dall’analisi dei dati raccolti nei primi 5 mesi di funzionamento, GERDA non ha osservato alcun evento candidato per il decadimento doppio beta senza neutrini ponendo, in queste condizioni, un limite inferiore al suo tempo di dimezzamento (cioè il tempo che deve trascorrere affinché la metà dei nuclei dia luogo al decadimento), pari a 5×1025 anni. I dettagli di questo risultato sono pubblicati su Nature il 6 aprile 2017.
“Con l’abbattimento degli eventi di fondo ai livelli che siamo riusciti a raggiungere, GERDA si è posto nelle condizioni ottimali per poter rivelare il decadimento doppio beta senza neutrini”, commenta Riccardo Brugnera, responsabile dell’esperimento per l’INFN e professore all’Università di Padova. “Questo risultato – sottolinea Brugnera – è il coronamento di un lungo sforzo in cui i gruppi italiani dell’INFN hanno fornito importanti contributi all’esperimento, nell’hardware, nel software e nella selezione dei materiali più radiopuri.”
“L’esperimento sta continuando a raccogliere dati di ottima qualità e con elevate prestazioni, – spiega Luciano Pandola, coordinatore dell’analisi dati di GERDA e ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN – le condizioni ideali per poter sperare in una scoperta”. “Siamo quindi tutti ansiosi di vedere i risultati della prossima analisi sui nuovi dati”, conclude Pandola.
“GERDA si assicura con le sue prestazioni eccelse un posto in prima file tra tutti gli esperimenti in questo momento in funzione nel mondo per poter eventualmente rivelare il decadimento doppio beta senza neutrini”, sottolinea Matthias Laubenstein, responsabile del gruppo dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. “E’ molto bello raccogliere ora i frutti del proprio lavoro che si è investito in tanti anni in questo progetto”, conclude Laubenstein.
Il neutrino di Majorana
Storicamente lo studio dei neutrini ha sempre prodotto importanti avanzamenti nella conoscenza della fisica delle particelle elementari. A riprova di ciò il fatto che ben quattro premi Nobel siano stati assegnati per ricerche correlate con i neutrini. I neutrini sono particelle molto difficili da rivelare: hanno massa piccolissima, quasi nulla, e interagiscono pochissimo con la materia. Giocano però un ruolo centrale nel funzionamento delle stelle, nell’esplosione delle supernovae e nella formazione degli elementi durante il Big Bang. Una loro proprietà fondamentale è al momento ancora sconosciuta: i neutrini sono particelle di Majorana? Vale a dire sono identiche alle loro antiparticelle, o non lo sono? Nel caso lo fossero, dovrebbe esistere il decadimento doppio beta senza neutrini: un processo proibito secondo il Modello Standard delle particelle elementari e ancora mai osservato sperimentalmente, ma previsto invece da molte altre teorie, come per esempio da quelle che cercano di spiegare l’assenza di antimateria nel nostro universo. Inoltre, se i neutrini fossero le particelle ipotizzate da Ettore Majorana 80 anni fa, sarebbero l’unica particella elementare, finora nota, in grado di acquisire massa senza bisogno del bosone di Higgs.
Eventi rari
Nel decadimento doppio beta senza neutrini, due neutroni all’interno di un nucleo decadono simultaneamente in due protoni e due elettroni: la somma delle energie dei due elettroni coincide con l’energia ben nota rilasciata nel decadimento. La misura di questa specifica energia costituisce la firma principale del decadimento doppio beta senza neutrini: un evento che, se rivelato, porterebbe importanti indizi per la scoperta di Nuova Fisica oltre il Modello Standard.
La rivelazione di questi decadimenti radioattivi estremamente rari può quindi offrire la possibilità di indagare regioni inesplorate della natura. La ricerca del decadimento doppio beta senza emissione di neutrini implica però una strenua battaglia contro altri eventi naturali molto più comuni, i “processi di fondo”, che simulano il segnale ricercato, inquinandolo e rendendone difficile la rivelazione.
A seguito degli ultimi miglioramenti, GERDA ha ridotto a tal punto gli eventi naturali non interessanti da potersi definire un esperimento “privo di fondo”. Tale caratteristica lo rende ben adatto a scoprire il segnale del doppio decadimento beta senza neutrini, che si manifesterebbe con un numero molto piccolo di eventi aventi l’energia attesa.
La ricerca con tecnologie da record
Proprio per la sua potenzialità nel rivelare il carattere dei neutrini e nel fornire indicazioni di nuova fisica al di là del Modello Standard, ci sono più di una dozzina di esperimenti sparsi in tutto il mondo che lo ricercano usando una grande varietà di metodi sperimentali e di nuclei.
GERDA è uno degli esperimenti leader in questo campo. Per la misura dell’energia rilasciata dai due elettroni, esso utilizza speciali rivelatori a germanio. L’8% del germanio naturale è fatto dall’isotopo 76, l’unico fra quelli del germanio che può originare un decadimento doppio beta. Nei rivelatori a germanio impiegati da GERDA questa percentuale è incrementata all’86% con un procedimento di arricchimento similare a quello dell’uranio. Il procedimento è molto costoso, ma i soldi sono ben investiti perché gli eventi di fondo vengono ridotti rispetto al segnale di un fattore pari a 10.
I rivelatori a germanio sono dei dispostivi potentissimi per la ricerca del doppio decadimento beta senza neutrini poiché permettono di misurare l’energia dei due elettroni con una precisione superiore a tutti gli altri tipi di rivelatore a disposizione dei fisici. Questa caratteristica permette di ridurre drasticamente l’intervallo di ricerca del decadimento: è così possibile escludere eventi dovuti a decadimenti radioattivi non interessanti. Se osservato, il decadimento doppio beta sarebbe il più raro dei decadimenti, con un tempo di dimezzamento molti ordini di grandezza superiore all’età dell’universo. Si capisce allora come la riduzione degli eventi di fondo sia il punto cruciale per la sensibilità di GERDA.
L’esperimento GERDA
GERDA è allestito nei Laboratori del Gran Sasso, dove la montagna sovrastante scherma l’esperimento dai raggi cosmici, che creerebbero segnali di disturbo per il rivelatore. I rivelatori a germanio funzionano entro un criostato contenente 63 metri cubi di argon liquido a una temperatura di -190 gradi Celsius. Il criostato è a sua volta immerso in un contenitore riempito con 590 metri cubi di acqua ultrapura. L’argon e l’acqua sono privi di contaminazioni provenienti dalle catene radioattive dell’uranio e del torio: essi agiscono come schermi contro la radiazione proveniente dall’ambiente esterno. La battaglia contro gli eventi di fondo rende pure indispensabile una selezione accuratissima di tutto il materiale vicino ai rivelatori (cavi, supporti ecc.), in modo che questo sia privo di contaminazioni radioattive. Un’analisi attenta della forma dei segnali proveniente dai rivelatori stessi permette inoltre di identificare gli eventi di fondo con elevata probabilità e quindi di eliminarli.
GERDA è una collaborazione europea comprendente più di 100 scienziati provenienti da Germania, Italia, Russia, Svizzera, Polonia e Belgio.
L’Italia, attraverso l’INFN, ha dato un contributo fondamentale al successo di GERDA. Innanzitutto, ospitando l’esperimento nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, che costituiscono un unicum a livello mondiale per la vastità delle sale sperimentali, per la facilità dell’accesso e per le infrastrutture scientifiche d’avanguardia.
I fisici italiani (provenienti dalle sezioni INFN di LNGS, Milano, Milano Bicocca, Padova, Laboratori del Sud di Catania; dalle Università di Milano, Milano Bicocca e Padova; dal Gran Sasso Science Institute dell’Aquila) hanno avuto un ruolo determinante nella costruzione dell’esperimento, nella presa dati e nella successiva analisi. In particolare, hanno progettato e realizzato la water tank con l’associato sistema di ricircolo dell’acqua, le schede di pre-amplificazione del segnale e il sistema di controllo generale delle sotto-componenti. Hanno fornito un importante contributo alla misura della contaminazione radioattiva dei materiali impiegati nell’esperimento e allo sviluppo e caratterizzazione dei rivelatori a germanio.
L’analisi dei dati di GERDA è stata coordinata dai fisici italiani, che hanno pure contribuito a creare gran parte del software necessario.
Molto rilevante è stato anche il coinvolgimento dell’industria italiana: Di Zio ha realizzato la water tank, CAEN ha fornito gli alimentatori di alta tensione per i diodi a germanio, Tecnomec i cavi per l’alta tensione e per il segnale.
GERDA continuerà a funzionare fino a metà del 2019, quadruplicando i dati ottenuti finora e rimanendo “privo di fondo”. Alla fine dell’esperimento la sensibilità sul tempo di dimezzamento supererà i 1026 anni.