In Italia l’emofilia colpisce circa 5 mila pazienti (4.879): 4 mila sono affetti dal tipo A e 859 dal tipo B, con un aumento rispetto allo scorso anno di oltre 150 persone. E’ quanto emerge dai dati del Registro nazionale delle coagulopatie congenite 2015 dell’Istituto superiore di sanità, diffusi dall’Osservatorio malattie rare (Omar) in occasione dell’incontro ‘Emofilia: generazioni a confronto’, organizzato a Roma per la XIII Giornata mondiale dell’emofilia. “L’emofilia è una malattia rara dovuta a un difetto nella coagulazione del sangue – ricorda Angelo Claudio Molinari, direttore del Centro regionale di riferimento per le malattie emorragiche dell’Irccs Giannina Gaslini di Genova – E’ causata dalla mancanza dei fattori VIII (emofilia A) o IX (emofilia B) della coagulazione e nel 75% dei casi è familiare. La conseguenza è che anche il minimo trauma con danno vascolare non è seguito dalla normale formazione di un coagulo efficace e dà luogo a un’emorragia. I sintomi dell’emofilia A e B sono molto simili, e solo con i dosaggi dei fattori VIII e IX il medico può differenziare i due tipi. Una differenza però importante ai fini della terapia, perché determinerà quale dei due fattori bisognerà somministrare alla persona affetta”. “In seguito all’assoluta sicurezza dei metodi di produzione dei prodotti ricombinanti che si utilizzano nella terapia dell’emofilia (fattore VIII e Fattore IX) – sottolinea Adele Giampaolo del Dipartimento di ematologia, oncologia e medicina molecolare del Reparto di medicina trasfusionale dell’Istituto superiore di sanità – il rischio di contrarre infezioni ematogene nei pazienti emofilici è praticamente nullo, e anche i prodotti plasmaderivati hanno un alto grado di sicurezza virale. L’ultima infezione da Hiv in un paziente emofilico è avvenuta 30 anni fa. Anche l’aspettativa di vita è diventata paragonabile a quella della popolazione generale. Al momento, l’evento avverso più importante della terapia sostitutiva è l’insorgenza di anticorpi contro il fattore VIII e IX somministrati, che colpisce in particolar modo i pazienti più piccoli”. I nuovi farmaci approvati da poche settimane, osserva in una nota l’Omar, mantengono più a lungo i livelli di fattore della coagulazione necessari ad evitare emorragie: ciò permette di ridurre il numero delle infusioni endovenose, passando dalle 2-3 settimanali fino a una ogni 5 giorni nell’emofilia A e fino a una ogni 10 giorni o anche più nella B. Questo significa evitare, rispetto al passato, oltre 100 iniezioni all’anno.
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Malattie rare: in aumento gli emofiliaci in Italia
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