Medicina: vitamina D e malattie croniche, il parere degli esperti

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Mantenere un buon livello di vitamina D nel nostro organismo è essenziale per conservare un corretto metabolismo minerale e scheletrico. La vitamina D, diversamente delle altre vitamine, non si assume attraverso l’alimentazione, ma è sintetizzata dalla pelle quando questa viene esposta ai raggi solari: accade così che gran parte della popolazione non presenti valori ottimali di questa vitamina, soprattutto in periodi come la stagione invernale. Ecco che l’uso di supplementi di vitamina D è diventato sempre più diffuso, anche per prevenire e trattare malattie croniche. Ma su cosa si basa di tutto ciò? Se lo sono chiesto i principali esperti di malattie del metabolismo minerale e scheletrico, riuniti nel marzo scorso a Firenze dall’Esceo, la società europea che si occupa degli aspetti clinici ed economici dell’osteoporosi e dell’osteoartrosi. “Per poter raccomandare l’utilizzo di un trattamento farmacologico e non -spiega in una nota della Fondazione Firmo Maria Luisa Brandi, ordinario di Endocrinologia dell’Università di Firenze, che è anche coordinatrice della pubblicazione che raccoglierà il lavoro prodotto dagli esperti Esceo su questo argomento- per prevenire o curare una malattia, abbiamo bisogno di studi fatti su grandi numeri di pazienti, che ne abbiano dimostrato sia l’inconfutabile beneficio in un certo ambito, sia la sicurezza per il paziente. E’ un dato di fatto che i livelli della vitamina D siano certamente insufficienti in gran parte della popolazione e vadano sicuramente ottimizzati. In primo luogo per mantenere un ottimale equilibrio minerale e scheletrico, ma anche per far funzionare correttamente i muscoli, così come per far agire meglio i farmaci che prescriviamo per malattie ossee come l’osteoporosi ed evitarne gli effetti collaterali, oppure per prevenire il rachitismo nei bambini. Ma da questo non si può dire che la vitamina D vada somministrata indifferentemente a tutta la popolazione come panacea per prevenire o curare altre malattie”. “Studi in laboratorio hanno dimostrato con certezza che la vitamina D attiva ha sicuramente una funzione importante in numerosi processi fisiologici: modula il sistema immunitario, riduce la pressione arteriosa, secondo alcuni studi riduce la mortalità ed i dati sul trattamento di fasi precoci di malattia sono sicuramente interessanti”, continua Brandi, “ma purtroppo, ancora, non sono disponibili studi in così grande scala da poter dimostrare ciò in maniera inconfutabile. Per questo oggi come oggi non possiamo raccomandare l’utilizzo della vitamina D indifferentemente in patologie croniche extrascheletriche. Certamente questo è un ambito molto interessante ed esistono gruppi di ricerca internazionali attualmente impegnati in studi sulla popolazione su larga scala i quali risponderanno presto, almeno in parte, ai nostri quesiti”. La supplementazione con vitamina D ha effetto per prevenire le malattie cardiovascolari e autoimmuni? E’ sicuro impiegarla in grandi dosi per modulare processi patologici? Ha senso trattare soggetti che sono fisiologicamente carenti di vitamina D solo in una parte dell’anno? Questi sono alcuni dei quesiti ancora aperti, ai quali la ricerca scientifica spera di poter dare presto risposta in un campo di sicuro interesse per potenziali futuri sviluppi, conclude la Fondazione Firmo.

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