Qualcosa di più di una spia che segnala situazioni in cui l’organismo è sottoposto a forti stress. La proteina C-reattiva, molecola nota da tempo e facilmente dosabile, per i pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica potrebbe diventare una ‘bussola’ in grado di predire l’aggressività della malattia. E’ una scoperta tutta italiana a mostrarne il nuovo volto. Un team del Centro clinico Nemo, struttura ad alta specializzazione, ha infatti scoperto che elevati livelli di questa proteina corrispondono a una più rapida progressione della Sla e a una minore sopravvivenza dei pazienti. E quello che appare come un tallone d’Achille potrebbe trasformarsi in arma: nella visione degli studiosi, la proteina C-reattiva potrà diventare strumento per predire precocemente la prognosi della malattia. E negli Usa è già partito uno studio per verificare l’efficacia di un nuovo farmaco, un modulatore dell’attività infiammatoria nei pazienti con alti livelli di proteina C-reattiva. La ricerca, svolta dal Centro clinico Nemo in collaborazione con il Centro Cresla dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, si è guadagnata le pagine di ‘Jama Neurology’, e mostra dunque un nuovo utilizzo della misurazione nel sangue della proteina C-reattiva, che potrà predire l’aggressività di una delle patologie neuromuscolari più gravi e note, con la quale oggi in Italia convivono oltre 6 mila persone, e diventare in futuro strumento per selezionare pazienti potenzialmente rispondenti a specifiche molecole mirate appunto alla modulazione della cosiddetta neuroinfiammazione, cioè la componente infiammatoria che si scatena nel sistema nervoso quando è colpito da malattie neurodegenerative come la Sla. La proteina C-reattiva è una proteina prodotta dal fegato e dalle cellule adipose. Nella fase più acuta di alcune patologie, nei processi infiammatori e dopo gli interventi chirurgici, viene prodotta in misura superiore al normale, raggiungendo così una maggiore concentrazione nel sangue. I ricercatori del Centro Nemo, guidati da Christian Lunetta, hanno individuato la relazione tra alte concentrazioni di proteina C-reattiva, il conseguente forte processo infiammatorio in corso nell’organismo e l’aggressività della Sla, analizzando i dati raccolti nella sperimentazione di un nuovo farmaco, NP001, che ha tra le sue caratteristiche anche una funzione di modulatore dell’attività di cellule implicate nei processi infiammatori. Gli esperti hanno osservato che il farmaco era efficace solo su una parte dei pazienti arruolati e hanno indagato su che cosa li caratterizzasse. Risultato: tutti i pazienti che rispondevano alla terapia presentavano un alto livello di proteina C-reattiva nel sangue. A supporto di questa ipotesi, gli scienziati hanno analizzato i dati della storia clinica di gruppi differenti di pazienti in fase iniziale e privi di evidenze di processi infiammatori in altri distretti, provenienti da Lombardia e Piemonte, e hanno osservato che ad alti livelli di proteina C-reattiva corrisponde un quadro clinico più grave secondo la Als Functional Rating Scale Revised, scala di misurazione usata a livello internazionale. E’ stato inoltre rilevato che la sopravvivenza alla malattia in questi pazienti era più breve. “Capire il ruolo dell’infiammazione nella progressione della malattia sarà fondamentale per i ricercatori che stanno lavorando a possibili terapie per il trattamento della Sla – sottolinea Lunetta – perché proprio la modulazione dei processi neuroinfiammatori della Sla potrà divenire una strategia terapeutica interessante da sviluppare in questa terribile malattia. E’ importante però ricordare che si tratta ancora di una ricerca e non di una terapia disponibile nell’attività clinica quotidiana, passo per il quale potrebbero essere necessari alcuni anni”. Lo studio in corso negli Stati Uniti per verificare l’efficacia di un modulatore dell’attività dei macrofagi, cellule chiave nei processi neuroinfiammatori, nei pazienti con alti livelli di proteina C-reattiva impiega proprio il farmaco NP001. I risultati saranno disponibili nei prossimi mesi. “La ricerca sulla Sla in questi anni si sta orientando all’individuazione di meccanismi regolatori del processo degenerativo della malattia – spiega Adriano Chiò, responsabile del Centro regionale esperto per la Sla dell’azienda ospedaliera universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino – La neuroinfiammazione sta emergendo come uno dei meccanismi di maggiore interesse perché suscettibile in futuro di interventi terapeutici mirati, adattati alle caratteristiche del singolo paziente. La nostra ricerca va appunto in questa direzione”. Lo studio condotto sull’asse Milano-Torino mette in luce una delle mission su cui il Centro clinico Nemo ha intenzione di puntare sempre di più. Nemo, osserva il presidente Alberto Fontana, “è oggi noto soprattutto come centro che eccelle per la presa in carico dei pazienti e una ricerca della Sda dell’università Bocconi ha recentemente mostrato quanto sia efficace il suo approccio omniservice, in cui il paziente è messo al centro e gli specialisti necessari ruotano intorno a lui. Ma il nostro obiettivo per i prossimi anni – precisa – sarà sviluppare la ricerca per dare una risposta terapeutica alle malattie neuromuscolari, a oggi purtroppo ancora incurabili. Per questo motivo questo risultato ci riempie di orgoglio e a Milano, a Roma e Messina stiamo aprendo nuovi spazi clinici e di ricerca”.