Un euro investito in prevenzione genera un risparmio nelle cure mediche pari a 2,9 euro. Il 40% dei casi di tumore (146mila diagnosi ogni anno in Italia) potrebbe essere evitato grazie agli stili di vita sani, all’applicazione delle normative per il controllo dei cancerogeni ambientali, all’implementazione degli screening. In Italia per la prevenzione si spendono 5 miliardi di euro (2014), pari al 4,22% della spesa sanitaria totale: il tetto programmato stabilito nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) invece è del 5%. Gli oncologi chiedono alle Istituzioni un programma ed una regia unica nazionale contro il cancro, che garantiscano una strategia unitaria per combattere la malattia dalla prevenzione, alle terapie, alla riabilitazione, all’accompagnamento di fine vita, all’umanizzazione dell’assistenza, alla ricerca, in grado così di incidere a 360 gradi sull’impatto di questa patologia nel nostro Paese. L’appello è lanciato oggi dall’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) al Senato nel Rapporto sullo “Stato dell’oncologia in Italia 2017”. “Nel nostro Paese sono stati registrati 365.800 nuovi casi di tumore, circa 1.000 ogni giorno – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. I nostri obiettivi vanno in quattro direzioni: diminuzione dell’incidenza e della mortalità per cancro, miglioramento della qualità di vita dei pazienti e istituzione delle reti oncologiche regionali che oggi sono completamente attive solo in Piemonte, Lombardia, Toscana, Umbria, Veneto e nella Provincia Autonoma di Trento. Le reti rappresentano il modello per garantire in tutto il nostro Paese l’accesso a diagnosi e cure appropriate e di qualità, per razionalizzare risorse, professionalità e tecnologie, e per arginare il fenomeno preoccupante delle migrazioni sanitarie: ogni anno infatti quasi un milione di italiani colpiti dal cancro è costretto a cambiare Regione per curarsi. Servono un programma ed una regia unitaria, elemento cardine del ‘Patto contro il cancro’ fra clinici e Istituzioni”. Il cancro rappresenta la patologia cronica su cui le campagne di prevenzione mostrano i maggiori benefici. “Ma serve più impegno in questa direzione – continua il prof. Pinto -. È stato dimostrato che, se la spesa in prevenzione raggiungesse il livello del 5% previsto dai LEA, l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul PIL scenderebbe dal 9,2% all’8,92%, con un risparmio di 7,6 miliardi di euro. Risorse che potrebbero essere utilizzate per migliorare l’accesso di tutti alle terapie innovative. Oggi infatti ad armi efficaci come la chemioterapia, la radioterapia e la chirurgia si sono aggiunte le terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia, permettendo di migliorare la sopravvivenza e garantendo una buona qualità di vita. La nostra società scientifica da tempo realizza progetti di sensibilizzazione: quest’anno abbiamo lanciato il primo ‘Festival della prevenzione e innovazione in oncologia’ con un motorhome che tocca 16 città per spiegare ai cittadini il nuovo corso della lotta ai tumori. Prosegue la seconda edizione di ‘Meglio Smettere’ con testimonial la campionessa di tennis Flavia Pennetta e l’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri: l’obiettivo è far capire agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori tutti i danni provocati dal fumo di sigaretta. E promuoviamo ‘Non avere TUTimore’, campagna di sensibilizzazione sul carcinoma della vescica rivolta agli over 50”.
In Italia la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti è progressivamente migliorata, grazie al successo dei programmi di screening, all’approccio multidisciplinare e alle terapie innovative, superando il 60% (55% nei maschi, 63% nelle femmine, con un miglioramento rispettivamente del 18% e del 10% rispetto a 10 anni fa) e raggiungendo il 70% nelle neoplasie più frequenti. “Ciò ha comportato un aumento dei cittadini che vivono dopo la diagnosi di tumore: sono più di 3 milioni, quasi il 5% della popolazione – spiega il prof. Pinto -. E gli oncologi italiani sono sempre più attenti al valore dei trattamenti e alle esigenze di razionalizzazione delle risorse. Nel 2015 infatti la spesa per i farmaci anticancro è stata pari a 4 miliardi e 175 milioni, con un incremento del 7,1% rispetto al 2014. L’aumento è stato inferiore rispetto al biennio precedente (+9,6%), quando queste uscite erano passate da 3 miliardi e 557 milioni di euro (2013) a 3 miliardi e 899 milioni (2014). Un passo in avanti importante è stato rappresentato lo scorso ottobre dall’istituzione per la prima volta da parte del Governo di un Fondo di 500 milioni di euro destinato ai farmaci oncologici innovativi. Una decisione importante che richiede, nell’aderenza ai criteri di innovatività elaborati recentemente dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), una modalità di accesso e gestione su base nazionale”. Un ruolo rilevante nell’aumento delle guarigioni va attribuito, oltre che alle nuove terapie, al miglioramento dei trattamenti multidisciplinari (che coinvolgono cioè molti specialisti), con l’oncologo che agisce come un autentico “costruttore di ponti” tra specialità differenti. “In questa fase – sottolinea il prof. Giordano Beretta, segretario nazionale AIOM – è indispensabile definire per la prima volta formalmente ruoli, funzioni e prerogative dei professionisti che intervengono nell’assistenza del paziente oncologico. Tutto questo con la finalità di garantire le migliori cure sul territorio nazionale nel rispetto delle linee guida, l’appropriatezza in tutto il percorso terapeutico e l’utilizzo razionale delle risorse tecnologiche e professionali, evitando sovrapposizioni e sprechi”. Sono presenti in Italia oltre 300 Oncologie Mediche, il 70% è costituito da strutture complesse e il rimanente 30% è diviso tra strutture semplici dipartimentali e strutture semplici, anche se con una disomogenea distribuzione sul territorio (la maggior parte è concentrata al Nord). Il 40% ha una struttura dedicata alle sperimentazioni cliniche, anche se le figure professionali di data manager e di infermiere di ricerca mancano ancora di un compiuto inquadramento normativo e sono caratterizzate da elevata precarietà. Inoltre il 77% è dotato di una Unità Farmaci Antiblastici (UFA), il 77% di un’attività di psico-oncologia e il 57% di hospice e assistenza domiciliare, con ancora più marcate difformità a livello nazionale. “In quest’ambito – afferma il prof. Rodolfo Passalacqua, responsabile scientifico di HuCare – nonostante l’esistenza di linee guida che raccomandano interventi per l’assistenza psicosociale in oncologia, molti pazienti che trarrebbero beneficio da questi interventi in realtà non li ricevono. Con questa consapevolezza AIOM ha promosso da alcuni anni un programma di implementazione per l’umanizzazione dell’assistenza ai malati di cancro (il Progetto HuCare), attuato in molte oncologie italiane, che ha dimostrato la fattibilità di questa strategia”. “Per rafforzare e diffondere questo Progetto – conclude il prof. Pinto – AIOM ha aperto a Milano, unica esperienza in Europa, una Scuola per l’Umanizzazione in Oncologia”.