Tumori: il tempo la “chiave” per la diagnosi precoce, le raccomandazioni Gimbe

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L’impatto delle neoplasie sui sistemi sanitari è enorme: ogni anno nel mondo i tumori causano 8,8 milioni di morti. In Italia nel 2016 sono stati diagnosticati oltre 365.000 nuovi casi di tumori maligni e i pazienti oncologici in vita erano oltre 3,1 milioni. Ridurre i ritardi nel percorso diagnostico-terapeutico determina un significativo miglioramento degli esiti. Ma esiste un’estrema variabilità nella richiesta di test e consulti specialistici. Come orientarsi, dunque? La Fondazione Gimbe ha elaborato il position statement ‘La diagnosi precoce dei tumori’ destinato non solo a medici e organizzazioni sanitarie, ma anche a cittadini e pazienti. “Sfortunatamente, anche nei paesi con sistemi sanitari all’avanguardia – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – la diagnosi di tumore è spesso tardiva e l’impossibilità di fornire trattamenti adeguati condanna molte persone a inutili sofferenze e a morte prematura“. Il fattore tempo è dunque cruciale. “Tuttavia, per una diagnosi precoce non serve sottoporsi periodicamente a check-up indifferenziati o prescrivere in maniera indiscriminata test diagnostici alla ricerca di tutti i tumori: al contrario le scelte devono essere sempre guidate da sintomi e segni di cui il paziente deve essere consapevole e che il medico deve riconoscere tempestivamente“. Anche se spesso utilizzati come sinonimi, puntualizza il presidente, screening e diagnosi precoce “sono due strategie del tutto differenti: lo screening mira infatti ad identificare tumori o lesioni pre-cancerose nella popolazione asintomatica per ridurre la mortalità tumore-specifica, e la sua efficacia è strettamente correlata all’aderenza della popolazione target ai programmi di screening organizzato per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon-retto, inclusi nei livelli essenziali di assistenza. La diagnosi precoce, invece, consiste nell’identificazione tempestiva di una neoplasia in persone che presentano già segni o sintomi al fine di iniziare la terapia prima possibile, aumentando la sopravvivenza e migliorando la qualità di vita“. Tra le linee guida disponibili in letteratura, spiega la Fondazione Gimbe, sono state tradotte e adattate le raccomandazioni cliniche del National Institute for Health and Care Excellence (Nice): oltre che per il rigore metodologico e il recente aggiornamento, la linea guida è stata selezionata perché è l’unica che utilizza evidenze prodotte nei setting di cure primarie, dove generalmente inizia il processo di diagnosi dei tumori visto che le persone fanno riferimento in prima istanza al medico di famiglia. Il position statement Gimbe ha tre obiettivi sinergici: fornire ai medici raccomandazioni basate sulle evidenze finalizzate alla diagnosi precoce dei tumori maligni; definire i criteri di appropriatezza per test diagnostici e consulti specialistici; aumentare nei pazienti la consapevolezza dei sintomi, aiutandoli a riconoscere quelli suggestivi di neoplasia. E qui torna il fattore tempo. “Per massimizzare l’efficacia delle terapie ed evitare di perdere pazienti al follow-up – conclude Cartabellotta – dal riconoscimento dei sintomi all’inizio della terapia non dovrebbero trascorrere più di 90 giorni. Anche se questo target temporale può variare nei diversi setting regionali e locali e tra differenti tipi di neoplasie, la diagnosi precoce dei tumori è un processo tempo-dipendente e il successo dei modelli organizzativi dipende dalla consapevolezza dei pazienti sui sintomi, dalla capacità del medico di riconoscere le presentazioni cliniche e da tempi di attesa garantiti per test diagnostici e consulti specialistici“. Il position statement Gimbe ‘La diagnosi precoce dei tumori’ è disponibile a: www.evidence.it/diagnosi-precoce-tumori.

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