L’epidemia di Alzheimer va affrontata con “una decisione politica risoluta e globale” in grado di scongiurare quello che si profila come “uno tsunami neurologico“. Alla vigilia del G7 di Taormina suona così l’appello rivolto ai grandi della terra dagli scienziati dei principali Paesi del mondo, riuniti all’Accademia dei Lincei. Nel documento ‘The challenge of neurodegenerative diseases’, gli studiosi sollecitano i capi di Stato e di Governo prossimi all’appuntamento del 26 e 27 maggio a raccogliere la sfida sostenendo la ricerca, migliorando l’accesso alla diagnosi precoce e alle sperimentazioni cliniche su nuove possibili terapie, e potenziando l’assistenza ai malati e ai caregiver che se ne prendono cura. “Nel mondo – avvertono gli scienziati – si stimano oltre 40 milioni di malati che diventeranno 135 milioni nel 2050“, a causa della rapidissima crescita dell’Alzheimer legata al progressivo invecchiamento della popolazione. “Il costo per l’assistenza aumenterebbe da 6 a 8 trilioni di dollari l’anno e il peso per le famiglie sarà devastante“. L’Italia, con una delle popolazioni più vecchie del pianeta, è uno dei Paesi più a rischio. Già oggi conta 1,2 milioni di pazienti colpiti da malattie neurodegenerative, 800 mila dei quali affetti da Alzheimer. L’Alzheimer – ricordano dai Lincei – è una patologia insidiosa che agisce in silenzio per 10-15 anni, distruggendo lentamente le cellule del cervello senza dare sintomi. Il malato non se ne accorge finché il suo corredo neuronale non è devastato, ma a quel punto è troppo tardi. Da qui l’importanza della prevenzione, con controlli anche sulle persone asintomatiche per individuare in tempo chi rischia di cadere vittima del ladro della memoria. Per contrastare l’Alzheimer che attualmente non ha possibilità di cura, il neurofisiologo Lamberto Maffei, già presidente dell’Accademia, che ha lavorato con il Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini, ha messo a punto al Cnr il protocollo clinico non farmacologico ‘Train the brain’ (Allena il cervello). La strategia ha prodotto risultati positivi nell’80% dei casi trattati, rallentando la patologia e aiutando nella prevenzione e nel recupero. La diffusione del protocollo, i cui risultati sono stati pubblicati in gennaio sulla rivista ‘Scientific Reports’ del gruppo Nature, è curata dalla Fondazione Igea Onlus (www.fondazioneigea.it). Applicato alle persone a rischio, questo metodo di allenamento promette di migliorare gli indicatori di salute del cervello e potenzialmente di ridurre e ritardare l’arrivo della demenza.
Alzheimer: l’appello degli scienziati al G7, scongiurare lo “tsunami neurologico”
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