Sei mesi dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, per molti risultata scioccante, le delegazioni di 196 paesi danno il via oggi a Bonn ai lavori per rendere concreti gli accordi di Parigi sul Clima. “Questo accordo internazionale è l’ultima speranza di sopravvivenza per i piccoli stati peninsulari”, ha dichiarato Thoriq Ibrahim, ministro dell’Ambiente delle Maldive. La sua dichiarazione riflette la forte inquietudine dei paesi più vulnerabili sotto il profilo climatico, dopo l’elezione di Trump alla presidenza americana, con la sua dichiarata volontà di non lottare contro il riscaldamento del pianeta. Dei grandi paesi inquinatori, solo la Russia non ha ancora ratificato il testo di Parigi ed è poco probabile che lo faccia sotto la presidenza di Vladimir Putin, che a fine marzo ha dichiarato che è “impossibile” fermare il riscaldamento climatico, poiché esso è legato “ai cicli climatici globali del pianeta“. Se i governi russo e americano sono in ritirata per quanto riguarda la battaglia climatica, Cina e India hanno ribadito però, almeno formalmente, i loro impegni.
“La transizione verso un’economia a basse emissioni di carbone progredisce in tutto il pianeta”, ha sottolineato Laurence Tubiana, direttrice generale della European Climate Foundation ed ex-negoziatrice francese, citando ad esempio l’India che punta “al 100% di veicoli elettrici entro il 2030”. A Bonn, i 196 paesi hanno dieci giorni di tempo per compiere dei passi in avanti verso l’elaborazione di un “manuale” dell’accordo di Parigi, accordo che è già entrato giuridicamente in vigore, ma le cui disposizioni generali dovranno essere precisate entro la fine del 2018. L’accordo di Parigi impegna la comunità internazionale ad intervenire per limitare l’aumento della temperatura media “ben al di sotto dei 2 gradi” rispetto all’era pre-industriale, una soglia che già determinerebbe uno sconvolgimento globale dell’ambiente. Gli impegni attuali comportano un aumento di 3 gradi del termometro mondiale.